PIL giù, inflazione e deficit su. Non è l’Italia, ma l’austera Germania. Il dato di giugno è stato raggelante, per quanto rifletta in parte il cosiddetto “effetto base”. La crescita dei prezzi al consumo è tornata ad accelerare al 6,4% e per i generi alimentari segna un pesante +13,7%. Nel frattempo l’economia tedesca è entrata in recessione dopo che il PIL si è contratto per due trimestri consecutivi. E per quest’anno il disavanzo fiscale salirà al 4,25% dal 2,6% del 2022, mentre il rapporto tra debito pubblico e PIL lieviterà al 67,75% contro il 66,3% dello scorso anno.
Gli errori di Berlino che costano caro all’Europa
Se non ci fossero stati i sussidi contro il caro bollette, il deficit quest’anno sarebbe sceso all’1,25%, ha spiegato il ministro delle Finanze, Christian Lindner, secondo cui scenderà allo 0,75% nel 2024. Ma i sussidi energetici non sono l’unica voce di aumento della spesa pubblica. Il governo di Olaf Scholz sta sborsando tanti soldi dei contribuenti per sussidiare le produzioni nazionali; ad esempio per attirare gli investimenti di Intel ha promesso lo stanziamento di 10 miliardi per la costruzione di due stabilimenti nel Sachsen-Anhalt, tra le regioni tedesche più povere. E cosa dire della necessità di aumentare la spesa militare per tendere al target NATO del 2%? Altri 100 miliardi con un piano pluriennale!
A volerci pensare, era quanto da anni il resto d’Europa desiderava sopra ogni altra cosa, ovverossia che la Germania si mettesse a spendere come un paese del Mediterraneo. In questo modo, avrebbe aumentato i consumi interni, cioè anche le importazioni dai partner europei e contribuito alla crescita economica dell’area. Sarà che il sogno fosse mal riposto, sarà anche che la tempistica non sia stata azzeccatissima.
Il sostegno a famiglie e imprese sta tenendo elevati i prezzi di beni e servizi, con la conseguenza di far ristagnare l’inflazione a livelli elevati. E senza impedire, tra l’altro, il ripiegamento dell’economia. Essa riflette la forte perdita del potere di acquisto. L’indebitamento tedesco sta finendo per tenere alti i rendimenti dei Bund, traducendosi in un aumento anche per gli altri rendimenti sovrani nell’Area Euro. E, soprattutto, costringe la Banca Centrale Europea ad alzare i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione.
Germania tra debito e inflazione
Alla base di questa crisi c’è la composizione variopinta della maggioranza al Bundestag. Scholz è sostenuto per la prima volta dal Secondo Dopoguerra da ben tre partiti. Ci sono i suoi socialdemocratici a propendere per un aumento della spesa pubblica, i liberali di Lindner a spingere per tornare al pareggio di bilancio e i Verdi che impongono l’agenda green. Proprio quest’ultima sta creando diversi problemi. La famosa transizione energetica consiste in soldoni nell’aver chiuso le centrali nucleari in piena crisi del gas, nel vietare l’installazione di caldaie a gas e metano nelle case già dal prossimo anno e nel sussidiare con soldi pubblici le energie rinnovabili. Più spesa e meno PIL nel breve termine. E questo significa ancora una volta più inflazione.
L’eterogeneità della maggioranza allunga la lista della spesa da finanziare. E ha voglia Lindner a stringere i cordoni della borsa. O trova risorse in fantomatici tagli alla spesa pubblica per coprire le misure da finanziare o accetta di piegare la testa agli alleati per far sopravvivere al governo. Il ritorno ad elezioni anticipate in Germania è una rarità. Accadde nel 2005 a Gerhard Schroeder, che si fece sfiduciare dalla sua maggioranza dopo avere perso le elezioni regionali.
Dunque, nessuno mette in discussione la necessità che questo governo sgangherato vada avanti, costi quel che costi. E tra assenza di visione e politica economica sconclusionata, a pagarne lo scotto siamo proprio noi alleati del Sud Europa. Con tassi d’inflazione complessivamente più bassi e una congiuntura economica più solida, siamo costretti a subire gli errori della Germania con una politica monetaria più restrittiva sui tassi d’interesse. A Berlino l’idea di mettere in sicurezza i debiti sovrani del Sud con un vero scudo anti-spread non è presa minimamente in considerazione. Peccato che sarebbe l’unico modo per la BCE di tendere ad una politica monetaria razionale ed efficace per ottenere l’agognata stabilità dei prezzi. E così ci ritroviamo per l’ennesima volta con lo spettro dell’alta inflazione persistente da un lato e dello spread alle stelle dall’altro.