Ci sono buone notizie per l’economia italiana. Il Pil ha continuato a crescere nel secondo trimestre, sostanzialmente in linea con le attese: +0,2% rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Nel raffronto annuale, invece, segna +0,9% contro previsioni del +0,7%. Ma la vera notizia in Europa è che il Pil tedesco è tornato a contrarsi: -0,1% congiunturale e tendenziale. Insomma, la Germania ridiventa il “malato d’Europa”. La definizione le fu appiccicata addosso verso la fine degli anni Novanta e fino a tutti i primi anni Duemila, quando l’economia tedesca ristagnò sotto il peso della riunificazione.
Malato d’Europa a passo di gambero
La Commissione europea si aspetta che la crescita in Germania per quest’anno sia di appena lo 0,1%. Questi dati sono stati diffusi, ovviamente, prima della pubblicazione del Pil nel secondo trimestre. Chissà che ciò non porti a una revisione al ribasso. Decimale più, decimale meno, poco importa. La Germania è in stagnazione da molto tempo. Guardate il grafico del Pil. Da due anni esatti, esso alterna un trimestre in lieve espansione a uno in lieve contrazione. In pratica, l’economia tedesca cammina a passo di gambero e non sembra andare da nessuna parte.
Germania in stagflazione
Che la Germania sia il malato d’Europa lo fa intendere anche l’andamento delle altre principali economie. La Francia ha segnato +0,3% congiunturale e +1,1% annuale. Molto bene la Spagna, rispettivamente a +0,8% e +2,9%. Invece, l’inflazione tedesca resta relativamente alta. A giugno segnava ancora un 2,2%, pur sotto la media dell’Eurozona. Si consideri, tuttavia, che in Italia l’inflazione risultava scesa allo 0,8%. Berlino nella morsa della stagflazione? Il termine può risultare eccessivo, ma il senso ci sta tutto.
A tradire la Germania sono gli investimenti, in calo sia nell’industria che nelle costruzioni, depressi dagli alti tassi di interesse. E qui casca l’asino. E’ proprio la Bundesbank a propendere per una politica monetaria restrittiva, battendosi contro il taglio dei tassi.
Modello tedesco in crisi
Cosa c’è dietro? La Germania si è fermata dopo la pandemia e ha subito una seconda batosta con la guerra russo-ucraina. Problemi comuni al resto d’Europa, ma inaspriti qui dall’impostazione seguita nei decenni precedenti da tutti i governi: modello “export-led” legato ai bassi costi energetici per la produzione. In pratica, le imprese tedesche riuscivano ad esportare molto all’estero, compresi i nuovi mercati asiatici, grazie a petrolio e gas importati a basso costo dalla Russia, i quali permettevano loro di produrre convenientemente.
Saltato questo modello, sono arrivate le grane. E una è auto-inflitta dalla transizione energetica. Il governo del cancelliere Olaf Scholz si regge sul sostegno determinante dei Verdi, i quali hanno imposto alla Germania e, per estensione, all’intera Europa un’agenda ideologica e masochistica. I costi stanno ricadendo proprio sull’economia, peraltro in una fase in cui sarebbe auspicabile che lo stato desse una mano con misure volte a incoraggiare gli investimenti e la produzione, non a punirli nel nome dell’ambiente.
Germania malato d’Europa in stallo
Dicevamo, anche un quarto di secolo fa la Germania fu il malato d’Europa. Ne uscì grazie all’euro e alle riforme. Stavolta, sembra un po’ diverso. Berlino è paralizzata da un governo inconcludente e senza orizzonte. Tutti sanno che quasi certamente Scholz non otterrà un secondo mandato e questa maggioranza al Bundestag andrà in frantumi al più tardi alle elezioni tra un anno. La prima economia europea e terza al mondo è in impasse.