Grosse Koalition al capolinea in Germania. Non si contano le volte che lo abbiamo scritto e pensato, ma stavolta è accaduto qualcosa di più consistente: il Partito Socialdemocratico (SPD) ha eletto il suo nuovo segretario l’altro ieri, attraverso un voto della base che ha premiato il duo Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken, infliggendo una dura sconfitta al ministro delle Finanze, Olaf Scholz, fermatosi al 45,33% delle preferenze. La coppia vincente ha fatto campagna da posizioni più di sinistra e chiedendo la fine dell’alleanza con i conservatori della cancelliera Angela Merkel.
Pareggio di bilancio, addio? No, la Merkel punta solo a sopravvivere alla sua crisi di leadership
Immediata la reazione di Armin Laschet, governatore conservatore del Nord-Reno Vestfalia, la più grande regione tedesca con quasi 18 milioni di abitanti: “è chiaro che adesso non rinegoziamo nulla. Elezioni anticipate in questo clima sarebbero irresponsabili”. Cosa chiedono i due nuovi leader dell’SPD? La fine del pareggio di bilancio per potenziare gli investimenti pubblici, particolarmente quelli “green”, ma anche maggiori tutele sociali e diritti per i lavoratori, con il depotenziamento dei contratti a termine.
Per tutta risposta, lo sconfitto Scholz ha spiegato che “fare debiti sarebbe un fardello a carico delle generazioni future”, sostanzialmente schierandosi in linea con le posizioni del centro-destra e del suo predecessore alla carica, Wolfganf Schaeuble, artefice della politica fiscale dello “Schwarze Null”. Il partito soffre nei consensi, ormai terzo nello scacchiere federale e dietro anche ai Verdi, oltre che testa a testa con gli euro-scettici dell’AfD. Se Borjans ed Esken staccassero effettivamente la spina, direttamente o tirando la corda sul programma, il quarto governo della cancelliera Angela Merkel crollerebbe.
Elezioni anticipate sbocco probabile
Nel concreto, la terza ipotesi appare la più realistica. Un governo di minoranza verrebbe massacrato al Bundestag da opposizioni sempre più forti alla destra e alla sinistra della CDU-CSU, mentre i Verdi, con il vento in poppa dei sondaggi, non avrebbero alcuna convenienza ad allungare la vita a Frau Merkel alla cancelleria, quando oggi avrebbero l’opportunità storica di soffiargliela con il ricorso alle urne. Sta di fatto che la Germania, paralizzata da due anni abbondanti per via di un governo nato su un’alleanza solamente volta ad escludere il ricorso anticipato alle elezioni, sia entrata in una fase politica ancora più convulsa, in cui i due schieramenti tradizionali non possono permettersi di staccare la spina all’esecutivo per la crisi di consenso che vivono come mai nella storia tedesca degli ultimi 85 anni.
La Germania è leader di fatto dell’Unione Europea e il semplice fatto che il suo governo non riesca più ad esprimere un indirizzo chiaro su alcuno dei punti cruciali del dibattito comunitario, come politica fiscale, bancaria e commerciale la dice lunga sulle basi fragili su cui sia appena nata la Commissione von der Leyen. Con quale forza, ad esempio, Berlino potrà adesso pretendere il varo della riforma del Fondo salva-stati, quando la cancelliera che la propone non vanta più nemmeno la fiducia dei suoi alleati? E come potranno convivere a lungo, anche volendo evitare le elezioni anticipate, due posizioni sempre meno concilianti sui conti pubblici e sull’economia, in generale?
Il guaio ce l’hanno in casa anche i conservatori, il cui nuovo segretario di partito, Annegret Kramp-Karrenbauer, non è considerato all’altezza dell’eredità della Merkel e i quali si mostrano consapevoli che il voto oggi li punirebbe, pur probabilmente confermandoli in prima posizione, costringendoli successivamente ad allearsi con formazioni come i Verdi.
Europa senza leader, la Germania di Frau Merkel non controlla il potere di indirizzo