Sono bastate poche parole per far rifiatare lo yen sul mercato forex. A proferirle è stato in settimana Junko Nakagawa, membro del board alla Banca del Giappone, secondo cui i tassi di interesse alla riunione del 19 marzo dovrebbero salire dello 0,10%. In pratica, come riportato anche dalla stampa domestica, c’è almeno un membro del board che chiede la fine dei tassi negativi. In effetti, la stretta invocata porterebbe il costo del denaro a zero. Un obiettivo apparentemente infimo all’infuori del Sol Levante, dove i tassi sono saliti ai massimi da diversi decenni a questa parte: al 4,50% nell’Eurozona, al 5,25% nel Regno Unito e al 5,50% negli Stati Uniti.
Cambio in ripresa
Grazie a questa prospettiva, però, lo yen ha recuperato un po’ di terreno contro il dollaro. Da lunedì a venerdì, un guadagno del 2,5% rispetto al biglietto verde, che si confronta con l’1,3% messo mediamente a segno dalle altre valute mondiali contro quest’ultimo. Resta il -6,6% su base annua e, soprattutto, il cambio si trova sempre in prossimità dei livelli più deboli dal 1998.
Inflazione giù, salari su
Il rendimento del bond a 10 anni è salito allo 0,74%, portandosi ai massimi da tre settimane. La Banca del Giappone tollera teoricamente fino all’1%, anche se nei fatti interviene ben prima per sostenere i prezzi e impedire che il rendimento si avvicini alla soglia massima. C’è da dire, comunque, che già nei mesi passati le aspettative per un cambio di policy a Tokyo sono andate deluse. Nessuno può escludere che accada anche stavolta. L’inflazione a gennaio è scesa al 2,2%, poco sopra il target del 2%. L’inflazione “core” si è portata al 2% dal 2,3% di dicembre.
Altri dati, tuttavia, lasciano intravedere una svolta monetaria. I salari a gennaio sono cresciuti del 2% annuo, in forte accelerazione dallo 0,8% del mese prima e sopra le previsioni del +1,2%. Il Giappone ha una carenza cronica di manodopera a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Sostegno a yen limitato?
Dicevamo, Giappone possibilmente controcorrente sui tassi e a beneficio finalmente dello yen. In effetti, la Banca Centrale Europea lascia intravedere un primo taglio dei tassi a giugno. Il mercato sconta un costo del denaro in calo a fine anno al 3%. Salgono fin quasi al 50% le probabilità di una discesa al 2,75%. Rispetto al giorno prima del board di giovedì, un quarto di punto percentuale in meno. E al Congresso il governatore Jerome Powell ha spiegato di “non essere troppo lontano dalla fiducia” necessaria per tagliare i tassi. Gli ultimi dati sul lavoro, però, sembrano allontanare una simile prospettiva imminente.
Per quanto i tassi in Giappone possano salire, il sostegno allo yen per il momento appare limitato. In fin dei conti, si tratterebbe di uscire fuori dalla lunga era dei tassi negativi, che in termini reali rimarrebbero tali, al contrario di quanto sta accadendo negli ultimi tempi presso le altre principali economie avanzate. In un certo senso, la valuta nipponica sta apprezzandosi rispetto ai livelli estremamente deboli a cui era precipitata per via dell’estrema divergenza monetaria. Divergenza, che si ridurrebbe solo parzialmente, salvo sorprese ad oggi impreviste.