L’FMI bacchetta il governo di Tokyo, sostenendo che il rapporto tra debito pubblico e pil in Giappone rischia di arrivare al 300% entro il 2030, se non si porrà un freno alla spesa pubblica. Nei prossimi anni, spiega l’istituto, le politiche messe in campo dal premier Shinzo Abe dovrebbero riuscire a stabilizzare il debito al 250% del pil, ma negli anni seguenti ci sarebbe un’accelerazione al 290%. Anche prendendo per buone le proiezioni economiche di Tokyo, continua, per cui la crescita tra 5 anni sarà del 2%, il bilancio presenterà un deficit dell’1% nell’anno fiscale aprile 2020/marzo 2021.
APPROFONDISCI – La crescita secondo Shinzo Abe, ecco il piano per rilanciare il Giappone Affinché si ponga fine a questa crescita costante del debito, non più sostenibile ai ritmi attuali, sarebbe necessario che il Giappone tagliasse il suo budget primario, ossia al netto della spesa per gli interessi sul debito, del 4,5% del pil. Altrimenti, nonostante gran parte delle emissioni del debito si abbiano sul mercato domestico, gli investitori potrebbero presto iniziare a richiedere un maggiore premio per il rischio e il governo nipponico sarebbe costretto a interventi fiscali repentini e acuti per impedire un peggioramento delle condizioni finanziarie. Ad oggi, paradossalmente, nonostante l’elevatissimo stock di debito, il Giappone paga appena lo 0,40% sui suoi bond governativi a 10 anni, poco più della metà della Germania, che pure ha un rapporto debito/pil di oltre 3 volte inferiore.
APPROFONDISCI – Il Giappone non esce dalla crisi e annuncia maggiori stimoli monetari. Funzionerà? L’FMI non boccia l’
Abenomics, ma sostiene che essa potrebbe non essere sufficiente per raggiungere gli obiettivi di un rilancio della crescita, dopo oltre un ventennio di stagnazione economica, e la risalita dell’inflazione al target del 2% fissato dalla Bank of Japan. A tale proposito, spiega che gli
stimoli monetari adottati dal governatore Haruhiko Kuroda sin dall’aprile del 2013 hanno avuto un effetto positivo, sia perché hanno deprezzato lo yen del 25% contro il dollaro – un fatto necessario, data la condizione ciclica del Giappone – sia perché hanno stimolato l’inflazione.
E, tuttavia, la crescita tendenziale dei prezzi nel medio termine non dovrebbe andare oltre l’1,5%, meno del target dell’istituto. Servono maggiori stimoli monetari, conclude l’FMI, unitamente a una politica fiscale più restrittiva.
APPROFONDISCI – Le elezioni in Giappone confermano l’Abenomics. La guerra dello yen può continuare