I segnali arrivati ieri ai mercati finanziari da Oltremanica non sono stati incoraggianti. Se in Italia abbiamo assistito a un calo dello spread a 170 punti base, quel che è accaduto a Londra è stato considerato quasi uno choc. Il Regno Unito ha emesso una nuova tranche del Gilt 22 ottobre 2025 con cedola 3,50% (ISIN: GB00BPCJD880). Ha raccolto 4 miliardi di sterline contro ordini per 11,1 miliardi, 2,77 volte l’importo offerto. Il “bid-to-cover ratio” alla precedente emissione era stato di 2,34. Le buone notizie si fermano qui.
Il Gilt 2025 fu emesso per la prima volta nel gennaio scorso a un rendimento del 3,634%. A distanza di sei mesi, anziché diminuire con l’avvicinarsi della scadenza, il rendimento si è impennato dei due terzi. E l’emissione di ieri risulta essere stata la più costosa dal 2007. In pratica, i rendimenti britannici stanno tendendo al 6% per un investimento della durata di poco più di due anni. Se considerate che il decennale offriva ieri meno del 4,50%, siamo dinnanzi a una curva profondamente invertita. Accade lo stesso altrove. In Germania, il Bund a 2 anni offre rispetto al Bund a 10 anni il premio più alto da 31 anni a questa parte.
Cosa sta accadendo? I Gilt a breve termine stanno risentendo delle notizie molto negative che arrivano dall’inflazione. A maggio il dato è rimasto invariato all’8,7% e al netto di energia e generi alimentari ha accelerato al 7,1%, ai massimi dal 1992. Secondo JP Morgan, il governatore della Banca d’Inghilterra, Andrew Bailey, potrebbe essere costretto ad alzare i tassi d’interesse al 7% entro l’anno. Una previsione ardita, ma tutt’altro che fantasiosa. A giugno, l’istituto ha annunciato un aumento dei tassi a sorpresa per altri 50 punti base o 0,50% al 5%.
Gilt allettanti, ma c’è rischio di cambio
Bene che vada, quindi, la Banca d’Inghilterra aumenterà i tassi di tre quarti di punto percentuale da oggi. Se avesse ragione il mercato, tornerebbe ai livelli di fine anni Novanta. L’unica speranza è che le altre banche centrali cessino la stretta monetaria al più presto, consentendo a Londra di respirare. Intanto, la sterlina si mantiene contro il dollaro nei pressi dei massimi da quindici mesi a questa parte. E ciò in parte aiuta a frenare l’inflazione.
I Gilt appaiono allettanti persino per noi investitori italiani, dove i rendimenti più elevati lungo la curva sono al 4,50% e in corrispondenza dei BTp a 30 anni. E se i nostri bond hanno come rating la tripla B, quelli britannici godono della doppia A. In teoria, sarebbero più sicuri. Ma c’è il rischio di cambio a cui prestare attenzione. Un indebolimento della sterlina contro l’euro deprimerebbe il valore dei bond in essa denominati. Il mercato starebbe scontando un tale scenario, altrimenti non si spiegherebbero i rendimenti più elevati anche sul tratto medio-lungo.
Fatto sta che i risultati choc dell’emissione del Gilt 25 non vanno nella giusta direzione nemmeno per l’Italia. Prospettano una corsa dei tassi più lunga ed estenuante di quanto finora messo in conto sia dai governi che forse dagli stessi mercati. Non è detto che la Banca Centrale Europea avrà bisogno di alzare così drasticamente il costo del denaro. Londra paga un po’ anche la Brexit, che ha innalzato i costi dei prodotti importati. Ma si moltiplicano anche da noi i segnali circa la persistenza dell’inflazione “core”. E sentire parlare di tassi al 7% e di rendimenti in direzione 6% per una scadenza a due anni fa impressione.