Serve fuggire dall’attuale sistema fallimentare Inps
Interventi ancora tutti da verificare, ma che puntano a mettere una pezza all’atteso deterioramento delle condizioni previdenziali della generazione dei giovani di oggi, che saranno i pensionati a rischio povertà di domani. Il punto è che nessun governo sta tentando di rivoluzionare in Italia (ma lo stesso vale nel resto d’Europa) il sistema pensionistico, limitandosi ad apportare correttivi, come l’allungamento della carriera lavorativa, l’aumento dei contributi e il taglio futuro degli assegni.
In un altro articolo recente, vi avevamo spiegato come il sistema a ripartizione, basato sul principio della solidarietà intergenerazionale, non sia più sostenibile e come si renda urgente trovare il modo di passare nella maniera più indolore possibile al sistema a capitalizzazione, di tipo privatistico, dove l’assegno percepito è frutto solamente dei contributi versati, avendo il pregio di liberare risorse dei lavoratori, da destinare alla propria terza età.
Fino a quando, però, saremo costretti a versare una contribuzione pari a un terzo dello stipendio lordo per sostenere una previdenza fallita, poco o nulla potrà essere messo da parte con il pilastro della previdenza integrativa, condannando le attuali generazioni a un futuro di incertezze e a un presente di sacrifici. Perché sappia il governo, che un lavoratore consapevole delle proprie condizioni materiali tendenzialmente avverse durante la vecchiaia sarà meno incline a spendere e a guardare con ottimismo l’oggi, innescando il classico corto circuito, che difficilmente si potrà pensare di interrompere nei prossimi anni con l’ennesima sforbiciata degli assegni e mandando in pensione i lavoratori in punto di morte. (Leggi anche: Sistema pensionistico fallito, cosa ci insegna il modello cileno)