Gli italiani, un popolo di indebitati

130 miliardi di euro i crediti in sofferenza degli istituti, 22 miliardi le insolvenze e così entra in crisi anche il recupero crediti
11 anni fa
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Italiani, popolo di risparmiatori. Forse è esagerato affermare che si tratti di un pallido ricordo di un mondo svanito a metà degli anni Novanta. Per quanto siamo stati travolti da 20 anni di stagnazione e poi dalla crisi finanziaria, restiamo uno dei paesi meno indebitati al mondo, con riguardo alla sua economia privata.

Eppure la crisi morde e i debiti iniziano in molti casi a esplodere. Secondo la Centrale Rischi della Banca d’Italia, le famiglie e le imprese italiane hanno sofferenze bancarie per 130 miliardi di euro.

Si tratta di rate che i debitori non sono riusciti a pagare in tempo, non onorando le scadenze pattuite con l’istituto creditore. Esse fanno scattare la segnalazione in Crif (Centrale Rischi) e la formale richiesta di rientro da parte della banca, la quale a sua volta fa decorrere 15 giorni di tempo, successivamente ai quali è possibile emettere un decreto giudiziale per la riscossione del dovuto.

 

Recupero crediti: è boom negli ultimi anni

Ma negli ultimi anni si stanno sviluppando forme di monetizzazione e riscossione più rapide e concrete. Si calcola che siano 3 milioni le pratiche affidate agli agenti della tutela del credito, per un controvalore di 43 miliardi di euro. E i crediti insoluti sono triplicati negli ultimi sei anni, mentre il tasso di recupero si è ridotto di un terzo, passando da tre ogni dieci pratiche a due su dieci. Tanto che sarebbero a rischio persino i posti di lavoro di 30 mila addetti del settore e di 1.332 imprese, malgrado la provvigione media per agente sia scesa dal 6,3% del 2008 al 5,47%.

E sempre la Banca d’Italia ha calcolato in 22 miliardi le insolvenze delle banche e società finanziarie, di cui il 13% è composto da crediti deteriorati, su cui si concentra l’azione degli agenti della riscossione. In pratica, gli istituti creditori tengono in pancia il credito deteriorato fino a quando non lo considerano ormai eccessivamente rischioso.

A quel punto, iscrivono a bilancio la perdita, ma provano a piazzarlo sul mercato, magari inizialmente ad una società di factoring, per un valore compreso tra un quarto e un terzo del residuo da riscuotere. Man mano che la riscossione diventa sempre più improbabile, la quotazione del credito scende a livelli infimi e questo spinge all’acquisto i cosiddetti “agenti di recupero extra-giudiziale”, i quali non si pongono l’obiettivo di un’effettiva riscossione integrale del credito, quanto di coprire il costo di acquisto dei titoli e di mantenimento della struttura con annessa rete di agenti e ottenere, ovviamente, una remunerazione.

Certo, non tutti gli addetti al recupero crediti sono uguali. Alcuni sono pacifici e rassicuranti; altri si mostrano aggressivi, poco disponibili e qualche volta al limite della legalità e della correttezza professionale. Si distinguono in impiegati al sollecito telefonico e in agenti per l’esazione domiciliare. I primi hanno il compito di chiamare il debitore, di convincerlo a pagare in tempo e di trovare magari un accordo. Il secondo punta essenzialmente a riscuotere fisicamente il debito, recandosi al domicilio del cliente, e se ciò non è possibile, di convincere con le buone e le “cattive” a farlo. Nel senso che non sono pochi i casi di agenti che palesemente terrorizzano il malcapitato, elencandogli tutte le procedure e i rischi a cui andrà incontro se non si deciderà a rientrare nel debito, con toni e velate minacce, denunciate in alcuni casi dalle associazioni dei consumatori.

E il fenomeno tocca sempre più famiglie, se si pensa che nel solo 2012 non sono state pagate bollette di luce, acqua, gas per la bellezza di 14,6 miliardi.

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