L’annunciato “European Savings and Investment Union” da parte della Commissione europea è la classica notizia riportata da tutti i giornali senza un briciolo di approfondimento che vada oltre la facciata. E i risparmiatori avrebbero di cosa preoccuparsi, perché senza voler fare facile complottismo, le premesse da cui parte il piano presentato dalla presidente Ursula von der Leyen appaiono agghiaccianti. L’idea è semplice: ci sono troppi soldi in banca nell’Unione Europea. Stimati in 10.000 miliardi di euro, il 70% dei risparmi delle famiglie. Se fossero investiti sui mercati, genererebbero ricchezza e renderebbero agli stessi titolari.
Risparmiatori nel mirino UE
Ogni anno, 300 miliardi di euro defluiscono dall’UE per dirigersi negli Stati Uniti. Un capolavoro di harakiri. Bruxelles vuole creare un vero mercato unico dei capitali per trattenere maggiori investimenti in patria e accrescerne l’entità complessiva.
In più, vuole coinvolgere i risparmiatori per trovare le risorse necessarie al finanziamento dei propri programmi pubblici. Questa è la frase che dovrebbe accendere più di una spia. In quale modo l’UE pensa di attingere ai risparmi privati per usarli secondo i propri fini?
Questo avviene di solito con le emissioni di titoli del debito; altro non sono che strumenti finanziari che offrono un rendimento a chi li compra, facendo incassare subito capitali ai governi. La stessa UE li emette da anni, anche se i cosiddetti Eurobond restano limitati nel tempo e nella quantità al programma Next Generation UE. Non è evidentemente di questo di cui si parla. Curiosamente, pochi giorni fa la Banca Centrale Europea (BCE) ha confermato l’accelerazione dei tempi per il lancio dell’euro digitale.
Tassi negativi e sparizione del contante
I risparmiatori avrebbero presto modo di depositare il loro denaro direttamente su un conto BCE. Riceverebbero un tasso di interesse e potrebbero effettuare pagamenti elettronici con un circuito pubblico e non più legato a colossi internazionali privati come Visa e MasterCard. Tutto bello, fin troppo per essere vero. Il rovescio della medaglia è che l’euro digitale azzererebbe la privacy dei cittadini e creerebbe le condizioni per una “confisca” vera e propria dei loro risparmi. Come? Anche solo ipotizzando l’imposizione dei tassi negativi.
Negli anni passati, il conto corrente non fruttava un solo centesimo di interesse. Le banche commerciali erano gravate dai tassi sottozero dalla BCE, ma non si azzardavano a girarli ai clienti per non perdere i loro depositi. Tassi negativi significa che, anziché essere remunerati, i risparmiatori vengono stangati. Un tasso del -1% su 100.000 euro comporta il pagamento di 1.000 euro dal cliente alla banca. Il mondo al contrario. Immaginate, però, che tutti i risparmi venissero spostati dalle banche commerciali alla BCE, vista anche la massima sicurezza garantita. A quel punto, Francoforte potrebbe anche smettere di stampare banconote e battere monete di metallo. Il contante scomparirebbe.
Governi odiano il risparmio
Se la BCE imponesse i tassi negativi per stimolare l’economia, i risparmiatori subirebbero passivamente. L’unica loro alternativa sarebbe di spendere il denaro parcheggiato per non “bruciarlo”.
Ed è proprio quello che vorrebbe una banca centrale: spingere i cittadini a consumare per fare girare l’economia. La politica monetaria diverrebbe così massimamente efficace. E’ chiaro che il cittadino non sarebbe più realmente padrone del proprio denaro. Vivrebbe eternamente sotto la spada di Damocle di chi il denaro lo genera, pur non più fisicamente.
Ricordatevi una cosa: i governi odiano i risparmiatori. Li elogiano solo a parole, mentre li considerano un freno all’economia e, quindi, alle loro continue velleità di spesa. Se tutti spendessimo fino all’ultimo centesimo, i consumi sarebbero ai massimi livelli, l’occupazione pure e il gettito fiscale esploderebbe. I governi potrebbero spendere di più, generare maggiore consenso e aumentare il loro potere. Certo, senza risparmiatori non ci sarebbero capitali per investire e alla lunga la crescita economica si spegnerebbe. Ma i governi non pensano a lungo termine, ragionano di scadenza elettorale in scadenza. Non credete alla presunta lungimiranza del loro agire. Il loro obiettivo primario, se non unico, consiste nel vincere le prossime elezioni. Ci sarà sempre tempo per giustificare l’eventuale crisi dell’economia.
Corsa all’oro segnale di allarme
Il mercato dell’oro qualche segnale di sfiducia verso l’operato dei governi ce lo invia ormai da anni. Questa settimana, i prezzi spot hanno segnato l’ennesimo record storico a più di 3.050 dollari l’oncia. Una crescita di oltre il 150% in 10 anni. Le banche centrali stanno ammassando lingotti tra le loro riserve. Eppure, sono le stesse che ci spiegano che l’oro non sia un bene d’investimento e che praticamente non serva a nulla. Come quei ricconi che vi incrociano al semaforo in Ferrari e che abbassando il finestrino vi dicono che i soldi non fanno la felicità.
Risparmiatori pagheranno i debiti sovrani
La corsa all’oro è motivata dalla consapevolezza di una fetta crescente del mercato che prima o poi i governi faranno pagare i debiti ai risparmiatori. Vuoi attraverso i tassi negativi o azioni di reale confisca (ricordatevi l’italico prelievo forzoso del 1992), si arriverà al “redde rationem”. Un’alternativa consisterà nel reflazionare l’economia con una qualche scusa, come in parte sta accadendo in questa fase di annunciato riarmo europeo.
L’inflazione divora il potere di acquisto e riduce il peso dei debiti pubblici e privati. A rimetterci sono i creditori, cioè coloro che avevano accantonato risorse per investirle nei debiti altrui. L’importante è capire in che direzione stiamo andando e non pendere dalle labbra dei governi, che molti di noi ancora si ostinano a non comprendere che siano la nostra controparte nei processi di creazione della ricchezza.