Il premier Draghi incassa l’ok all’unanimità per il Documento di Economia e Finanza (Def). Ma nessun cenno alla tanto attesa riforma pensioni, pilastro importante su cui si regge il bilancio dello Stato.
Cosa significa questo? In pratica, il governo, con la scusa delle tensioni economiche derivanti dalla crisi ucraina, intende dare priorità ad altre questioni che verranno discusse nella prossima manovra finanziaria.
Def senza riforma pensioni
Come dargli torto? Eppure milioni di lavoratori attendono di conoscere il loro destino dopo la fine di quota 100 e l’avvicinarsi inesorabile della Fornero.
Ecco quindi che montano le preoccupazioni perché se Draghi non ha fatto cenno alla riforma pensioni vuol dire che non la vuole fare. Inutile girarci intorno, la strada tracciata dal premier era già nota lo scorso anno quando ha rinviato la riforma al 2022.
E siccome la politica è l’arte dell’inganno, è presumibile pensare che anche quest’anno la tanto attesa riforma pensioni non vedrà la luce. Non tanto per volontà del premier, quanto per quella dei partiti che si stanno preparando alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 2023.
Nessuno vuole presentarsi al cospetto degli elettori con le mani sporche per aver tagliato le pensioni o aver penalizzato i lavoratori. Nessuno vuole rischiare di sporgersi troppo dal pulpito per non cadere. E sulle pensioni, si sa, si gioca una partita molto importante.
Tutto rinviato
Meglio rinviare ancora? Probabile che fra un incontro fra governo e sindacati, visti più che altro come una perdita di tempo, si tergiversi ancora. Intanto tiene banco l’attenzione della guerra in Ucraina.
E finché ci sono altre priorità da perseguire – come ha ribadito Draghi – ci sarà poco da premere sull’acceleratore per arrivare a una vera riforma pensioni entro fine anno.
Sul tavolo ci sono Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 102 che potrebbe benissimo trovare applicazione anche nel 2023. Poi, fatta la nuova legislatura e il nuovo governo, si vedrà.