Tra pochi giorni, forse già in questo fine settimana, sapremo chi sostituirà il premier Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Sui nomi si specula da settimane, ma a questo punto i nomi più papabili in corsa sarebbero 2-3: il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan; il presidente del Senato, Piero Grasso; il ministro dei Beni culturali e già segretario del PD, Dario Franceschini. Ieri, dal commissario agli Affari monetari, Pierre Moscovici, è arrivato un endorsement di fatto al primo, nella convinzione che sarebbe una figura esperta e rassicurante sul piano dell’economia e dei rapporti internazionali.
In effetti, il curriculum di Padoan non farebbe quanto meno temere sprovvedutezza. Già capo-economista dell’OCSE, l’attuale ministro del Tesoro gode anche di buoni rapporti con le cancellerie europee, con le quali ha cercato di tessere relazioni più amichevoli di quelle del premier dimissionario, smussandone le intemperanze verbali. (Leggi anche: Elezioni anticipate? Prima serve legge elettorale)
Governo Padoan, pro e contro
Eppure, il corrispondente del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, Tobias Piller, ieri non si mostrava affatto convinto che quella di un governo Padoan sarebbe una scelta azzeccata per l’Italia. Il giornalista sostiene, infatti, che esso verrebbe percepito debole all’estero, sulla scorta dell’esperienza dell’esecutivo Monti tra il 2011 e il 2013.
Il ritorno di un tecnico a Palazzo Chigi, ha spiegato, suggerirebbe il sostegno di svariati partiti e partitini, che tra di loro continuerebbero a farsi la lotta, privando nella realtà il governo del consenso necessario per fare le riforme. Meglio sarebbe, ha continuato, una figura politica, che si assumesse la responsabilità delle sue azioni e che godesse del sostegno convinto di una maggioranza parlamentare. (Leggi anche: Governo tecnico dopo Renzi? Padoan in pole position per guidarlo)