Conti pubblici non positivi sotto Padoan
Sin qui considerazioni di carattere politico. Ne esistono altre per dubitare dell’opportunità di affidare la carica di premier al ministro dall’aria bonaria. In questi poco più di 1.000 giorni di governo Renzi, il suo principale braccio destro non si è certo distinto per essere un contrappeso alle richieste incessanti di misure in deficit da parte del premier.
Da quando Padoan guida il dicastero dell’Economia, il debito pubblico è cresciuto di 105 miliardi di euro all’attuale cifra di 2.212 miliardi di euro. Il deficit ereditato dall’attuale esecutivo era del 2,9% nel 2013, salito al 3% nel 2014, ridottosi al 2,6% lo scorso anno e atteso in calo solo al 2,4% quest’anno. (Leggi anche: Debito pubblico in calo dal 2017 per Padoan)
Italia fanalino di coda sulla crescita
Nel frattempo, l’Italia, come gli altri paesi dell’Eurozona (Grecia, esclusa), ha beneficiato di rendimenti dei BTp ai minimi storici e negativi fino alle scadenze dei 2-3 anni, grazie al “quantitative easing”, che ha quasi azzerato il costo medio di emissione del nuovo debito. Dunque, nessun risanamento dei conti pubblici in tre anni di gestione di conti pubblici.
Altro aspetto: la crescita. Non è certo una variabile di controllo diretto e immediato da parte dell’esecutivo, ma l’Italia sotto Renzi-Padoan è uscita sì dalla recessione, ma restando fanalino di coda in Europa, mentre la coppia ha dimostrato di avere sempre sovrastimato in misura eccessiva sia la crescita del pil, sia l’andamento dei conti pubblici, parlando da due anni di una discesa del rapporto debito/pil, che forse di avvererà solo nel 2017. Ma è sulle banche, che il ministro dell’Economia ha dato il peggio di sé.
(Leggi anche: Ripresa economia e deficit, i numeri di Padoan non convincono nemmeno la UE)