Cambio euro-dollaro sotto 0,99, ai minimi dal 2002. Prezzo del gas in volata a 290 euro per mega-wattora. Borse in profondo rosso. E poi c’è il Cremlino che evoca e minaccia la “grande tempesta globale”. Gazprom ha chiuso i rubinetti di Nord Stream, sostenendo che le sanzioni alla Russia dell’Occidente starebbero rendendo difficili le riparazioni del gasdotto. Un modo velato per ricattare l’Europa: un inverno al freddo senza gas e caro bollette alle stelle se non vi sarà la revoca di tali sanzioni.
Presenti tutti i principali candidati. Attesissimi erano i discorsi di Giorgia Meloni, Enrico Letta e Matteo Salvini. I tre sono esponenti dei più grandi partiti italiani, almeno stando ai sondaggi. Cosa resterà di questo Cernobbio? Forse le mani tra i capelli della leader di Fratelli d’Italia. Non era per aggiustarsi la pettinatura, ma per nascondere l’imbarazzo e l’irritazione quando a parlare vi era l’alleato leghista. Pomo della discordia: la revoca delle sanzioni alla Russia.
Non è un mistero che Meloni e Salvini la pensino in maniera diversa sulla politica estera. Le divergenze hanno molto a che fare con il dopo elezioni. In caso di vittoria del centro-destra, la prima quasi certamente diverrebbe premier – la prima donna nella storia d’Italia -, il secondo semmai ministro. Pesa la diversa responsabilità, tant’è che anche a Cernobbio Meloni ha ribadito la sua opposizione allo scostamento di bilancio contro il caro bollette, mentre la Lega chiede altri 30 miliardi di euro di deficit. E poi c’è la questione delle sanzioni alla Russia: Meloni favorevole a mantenerle, Salvini vuole revocarle.
Sanzioni alla Russia, niente revoca per Meloni
Il discorso dell’ex ministro dell’Interno appare razionale: poiché Vladimir Putin usa l’energia come oggetto di baratto, sarebbe preferibile revocare le sanzioni e ottenere in cambio il ripristino delle forniture di gas. La posizione di Meloni è più “politica”: se l’Italia optasse per la revoca delle sanzioni alla Russia, non cambierebbe nulla. Il resto dell’Occidente le manterrebbe e, pertanto, la nostra resterebbe una posizione isolata. Non otterremmo alcun vantaggio concreto, dato che le forniture di gas non sarebbero ugualmente riattivate. Tuttavia, l’Italia si metterebbe contro il resto d’Europa e gli USA, con conseguenze pesanti per la sua credibilità internazionale.
Insomma, Giorgia pensa già da premier, mentre Matteo punta a consolidare i consensi tra l’elettorato impaurito dal caro bollette e più timido verso la Russia. Ma è evidente che la soluzione alla crisi energetica deve essere europea. Il tetto al prezzo del gas di cui si discuterà nei prossimi giorni può indisporre Gazprom fino all’azzeramento definitivo delle forniture. Resta la strada del “disaccoppiamento” tra prezzo del gas ed energia, nonché qualche correttivo tecnico alle negoziazioni dei Ttf sul mercato olandese per placare la domanda speculativa.
C’è già una possibile conseguenza di questa divergenza di vedute sulle sanzioni alla Russia. Probabile che la Lega abbia gettato alle ortiche la possibilità di ricoprire ministeri di peso come Difesa, Interno, Economia ed Esteri. Andranno a personalità di provata fede atlantista. Fratelli d’Italia ha prenotato i posti.