Era un’economia fallita fino a pochi anni fa, mentre adesso cresce più della media europea e si è messa alle spalle la crisi. La Grecia del premier conservatore Kyriakos Mitsotakis ha cambiato pelle, sebbene i problemi restino. Ad esempio, la disoccupazione è ancora al 10,6%, pur lontanissima dal picco del 28,2% raggiunto nel settembre del 2013. E proprio sul lavoro il governo ha deciso di andare controcorrente rispetto al dibattito mondiale con l’istituzione di una legge “orientata alla crescita”. E’ entrata in vigore lunedì 1 luglio, malgrado l’opposizione dei sindacati che l’hanno definita “barbara”.
Greci più stakanovisti d’Europa
Da tempo si parla in Europa e Nord America della possibilità di introdurre la settimana lavorativa corta, cioè di soli 4 giorni. Pensate che la Francia aprì il dibattito nel lontano 1995 con la celebre legge Aubry, che introdusse le 35 ore a settimana, seppure non per tutti. Contrariamente a quanto siamo portati a credere, in Grecia l’orario di lavoro effettivo risulta non solo sopra la media europea, ma persino il più alto in Europa con 41 ore. L’Italia si colloca appena sotto la media (37,5 ore) con 37,4 ore, alla pari con la Francia e meno della Germania (35,3 ore).
Produttività e orario di lavoro non lineari
Settimana lavorativa e produttività non vanno spesso di pari passo. Ad esempio, il salario minimo in Grecia è fissato attualmente a soli 830 euro al mese, circa 4,70 euro lordi l’ora. Un adulto percepisce in media un reddito di appena 10.050 euro all’anno, stesso dato di un polacco, ma ben sotto la media dell’Area Euro a più di 22.000 euro. A titolo di confronto, un italiano guadagna in media quasi 20.000 euro all’anno. Dunque, i greci lavorano di più per guadagnare di meno.
Per quale ragione il governo vuole allungare la settimana lavorativa, pur su base volontaria? L’intento espresso sarebbe di stimolare la crescita economica attraverso un miglioramento dei bassi stipendi. Ad oggi è risaputo che molti lavoratori greci trascorrano in azienda più ore di quelle ufficialmente dichiarate, senza che l’impresa vi paghi imposte e contributi e che riconosca loro gli straordinari. Si tratterebbe di contrastare l’elevata economia sommersa e di consentire ai lavoratori di guadagnare più di oggi senza nei fatti sgobbare necessariamente di più.
Settimana lavorativa più lunga contro la crisi demografica?
Infatti, la legge prevede che sopra le 40 ore il lavoro debba essere retribuito del 40% in più e del 115% in più se l’orario ricade in un giorno festivo. Coniugata con una buona crescita del Pil, la nuova normativa dovrebbe alzare il salario medio dai 900 euro mensili attuali, i quali non bastano ad arrivare alla fine del mese. Ma la settimana lavorativa più lunga, spiega il governo, servirebbe anche a fronteggiare un’altra emergenza: la riduzione della popolazione attiva. Un fenomeno del tutto simile a quello che si vive nel resto dell’Occidente. E chissà se da Atene non sia arrivata un’indicazione destinata a fare scuola, contrariamente a quanto abbiamo sinora ipotizzato sulla base di dibattiti perlopiù teorici impostati su una visione diametralmente opposta a quella di Mitsotakis.