La Grecia si mette la crisi alle spalle e a salvare l’economia non è stato il turismo

La Grecia si mette la crisi alle spalle e guardando ai numeri scopriamo che non è stato il turismo a salvare la sua economia.
1 anno fa
3 minuti di lettura
Economia in Grecia supera crisi, non solo grazie al turismo

La Grecia rimborserà in anticipo 5,3 miliardi di euro di prestiti bilaterali ottenuti da alcuni paesi europei. L’annuncio è di questa settimana del premier Kyriakos Mitsotakis, reduce da un trionfo elettorale che lo ha visto rieletto per un secondo mandato. Il capo del governo conservatore ha rimarcato la necessità di attuare riforme economiche nei prossimi anni, al fine di potenziare la crescita economica del paese. Due gli obiettivi dichiarati nel corso di un’intervista concessa a Bloomberg TV: aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e delle esportazioni dal 50% al 60% al PIL.

Upgrade rating bond vicino

C’è grande ottimismo attorno ad Atene in questi mesi. La rielezione di Mitsotakis è positiva nell’ottica di un upgrade del rating sovrano molto probabile. Il governo punta a riconquistare il giudizio “investment grade” perso tredici anni fa. Sarebbe un segnale simbolico del lento ritorno alla normalità dopo un lunghissimo decennio di immensi sacrifici economici e di sofferenze per la popolazione in Grecia. Ancora oggi, nonostante l’economia ellenica abbia ripreso a crescere sin dal 2017, ad eccezione del 2020 per la pandemia, il suo PIL reale resta del 20% più basso rispetto ai livelli raggiunti nel 2008.

E anche l’occupazione resta sotto i livelli di quindici anni fa di mezzo milione di unità. Purtuttavia, è risalita di 800.000 unità dagli abissi a cui era sprofondata nel biennio 2013-2014. La crisi non sarebbe alle spalle, se facessimo il confronto con il periodo pre-2008. Lo è, se pensiamo ai miglioramenti notevoli negli ultimi anni. Alcune criticità restano. Una di queste è stata citata dal premier. Le esportazioni stanno lievitando di anno in anno. Pensate che ammontavano al 23,4% del PIL nel 2008, mentre nel 2022 hanno chiuso al 48,7%. Più del doppio in percentuale. In valore assoluto, sono passate da 56,5 a 101,3 miliardi.

Bilancia commerciale resta in profondo rosso

Il fatto è che le importazioni hanno seguito lo stesso trend: erano al 36% del PIL nel 2008 e nel 2022 risultavano al 58,2%.

Dunque, la bilancia commerciale continua ad esitare un saldo negativo nell’ordine di una decina di punti di PIL. Ecco perché Mitsotakis si pone come target esportazioni al 60% del PIL. Questo dato, unitamente a importazioni stabili, colmerebbero il disavanzo commerciale e darebbero una forte spinta alla crescita. In altre parole, l’economia in Grecia resta poco competitiva.

Accertato ciò, bisogna ammettere che esistono miglioramenti notevoli. Quando parliamo di esportazioni della Grecia, pensiamo per prima cosa (se non l’unica) al turismo. In effetti, il paese è un’attrazione turistica indubbia per le sue bellezze paesaggistiche, la miriade di isole e una storia antica e affascinante. Non a caso, quasi la metà delle esportazioni arriva proprio dai “servizi”, sotto la cui voce compare il turismo. Questo incide per il 19% del PIL contro il 14% dell’Italia, tanto per fare un raffronto. Tuttavia, non è un mistero che la Grecia abbia un’industria debole. Malgrado ciò, le esportazioni di prodotti sono passati dall’8,8% al 26,3% del PIL in quindici anni. In proporzione, i servizi hanno fatto molto meno bene: dal 14,6% al 22,4%.

Grecia più competitiva dopo crisi e deflazione

Cosa significano questi numeri? La Grecia sta rilanciando la sua economia grazie alla maggiore competitività rispetto al passato. La crisi, dolorosissima sul piano sociale, è stata il male necessario per cambiare le direttrici della crescita. Il paese era fondato sullo stipendificio della pubblica amministrazione, mentre oggi è costretta a guardare al settore privato dopo gli ingenti tagli alla spesa statale. La deflazione ha svolto il suo compito. Soltanto dopo la pandemia la Grecia sembra esserne uscita. Il calo dei prezzi al consumo era stato certamente sintomatico della crisi dei redditi, ma a sua volta aveva alleviato il disagio sociale e rilanciato la competitività di merci e servizi domestici.

Ancora nel 2022 il debito pubblico chiudeva sopra il 170% del PIL.

Ma tra crescita economica, assenza di interessi da pagare sui tre quarti di debiti verso i creditori pubblici internazionali fino al 2032 e liquidità disponibile per fronteggiare le scadenze a medio termine, da qui ai prossimi tre anni il suo rapporto debito/PIL è atteso sotto i livelli italiani. L’anno scorso, ad esempio, il deficit statale è stato del 2,3% del PIL contro il 5,6% dell’Italia. In attesa dell’upgrade del rating, i rendimenti ellenici viaggiano su livelli nettamente inferiori a quelli italiani. Il decennale offre lo 0,40% in meno dell’omologo BTp nelle ultime sedute. Mitsotakis sa che questi numeri, pur importantissimi, non bastano a fare stare meglio i suoi concittadini. Al quotidiano americano ha spiegato che il suo obiettivo primario sarà di migliorare nettamente gli standard di vita della popolazione. Le premesse ci sono, a patto di non tornare ai vecchi vizi.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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