Sono trascorsi esattamente 100 giorni da quando Syriza ha vinto le elezioni in Grecia e il suo leader Alexis Tsipras è diventato premier, guidando il primo governo di estrema sinistra dalla fine della dittatura dei Colonnelli. Le attese tra i cittadini erano e restano tantissime, perché altrettante sono state le promesse elettorali di Tsipras.
Default Grecia all’ordine del giorno
Il bilancio dei poco più dei primi 3 mesi, però, non sembra essere esaltante. Oggi più che mai, Atene rischia seriamente il default, se entro i prossimi giorni non riceverà dall’Eurogruppo almeno parte dei prestiti prorogati dall’accordo del 20 febbraio alla fine di giugno per complessivi 7,2 miliardi.
Tante promesse mancate
Certo, alcuni provvedimenti socialmente rilevanti sono stati effettivamente approvati dal Parlamento. Parliamo dell’elettricità gratis e dei buoni pasto per le famiglie più povere, così come aiuti per gli inquilini meno abbienti e la rateizzazione dei debiti fiscali. Tuttavia, la cancellazione dell’Enfia, l’odiata imposta sugli immobili (l’IMU greca) è rimasto un sogno, come quello di non fare pagare le tasse per i redditi fino a 12 mila euro all’anno. Non parliamo nemmeno dell’aumento degli stipendi pubblici e delle pensioni o dell’eliminazione dei debiti con le banche delle famiglie più povere o della creazione di 300 mila posti di lavoro nel pubblico impiego. Molte di queste promesse o tutte resteranno lettera morta per assenza di fondi. Gli impegni di Tsipras ammontano a 11 miliardi di euro, quasi il 6% del pil, 27 miliardi per le opposizioni. Troppo, in ogni caso, per un’economia che balla un giorno sì e l’altro pure sull’orlo della bancarotta. I greci perdoneranno al premier le promesse non mantenute, avendo oggi come unica paura quella di tornare alla dracma, cosa che il 67% di loro vorrebbe evitare, stando a un sondaggio di questi giorni.
La Troika è anche più forte di prima
La sopravvivenza finanziaria della Grecia dipende adesso dalle misure di quelle istituzioni tanto vilipese proprio da Syriza in campagna elettorale. Ora che la crescita del pil potrebbe fermarsi allo 0,5% dal +2,5% stimato a febbraio, il ritorno della recessione potrebbe essere devastante per un paese con una disoccupazione al 26% e con un’economia che ha già perso un quarto della sua ricchezza annua dal 2007. Domani, la BCE deciderà se continuare a sostenere le banche greche, erogando loro la liquidità di emergenza tramite i fondi ELA. Il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, membro del board dell’Eurotower, ha anche oggi avvertito che potrebbe essere deciso un taglio della liquidità erogabile in cambio del collaterale di garanzia, cosa che taglierebbe fuori gli istituti ellenici dal circuito dei prestiti e che potrebbe innescare una crisi finanziaria e un deflusso dei capitali, tale da costringere il governo a imporre limitazioni ai relativi movimenti. Mario Draghi potrebbe segnalare domani, quindi, di avere perso la pazienza, se l’EuroWorking Group dovesse mostrarsi tiepido sui progressi realizzati nel negoziato con Atene. Solo adempiendo alle condizioni poste dall’Eurogruppo, Tsipras potrà evitare la bancarotta e l’uscita dall’euro; un pò poco per chi aveva promesso il riscatto della dignità nazionale, ma che evidentemente non aveva fatto i conti con l’oste. APPROFONDISCI – Il destino della Grecia è nelle mani dei finlandesi? Ecco l’incubo che attende Tsipras