La Grecia dei paradossi continua a fare parlare di sé. Se c’è un settore, che apparentemente non sembra conoscere crisi nel paese più martoriato dalla crisi economica di questi ultimi anni, quello è il turismo. E su di esso hanno fatto grande affidamento nel governo Tsipras, visto che resta l’unico limone da spremere per aumentare le entrate fiscali. Invece, è arrivata la doccia fredda dalla banca centrale di Atene, quando i funzionari dell’istituto hanno comunicato che nei primi 8 mesi del 2016, le presenze di turisti nel paese sono aumentate dell’1,8% su base annua al record di 17,19 milioni di unità, ma allo stesso tempo sono diminuite le entrate dell’8,8%, passando da 9,25 a 8,43 miliardi.
Più turisti, ma minori incassi? In teoria, sarebbe perfettamente spiegabile. La Grecia sarebbe diventata una meta low-cost, popolare tra i giovani per i bassi prezzi, in grado di attirare specialmente quanti scommettono sulle offerte last minute.
Grosso giro di evasione fiscale?
La spiegazione, però, non convincerebbe granché gli ambienti governativi, che temono che dietro all’incongruenza dei dati si nasconda un’impennata della già elevata evasione fiscale, che nel paese rappresenta uno dei principali problemi da risolvere e oggetto di scontro con i creditori della cosiddetta Troika (UE, BCE e FMI) sul modo di sradicarlo.
Il dubbio si fa ancora più forte, considerando che Atene, su pressione proprio dei creditori, ha dovuto cancellare alcuni privilegi fiscali accordati alle sue isole, alzando l’IVA dal 17% al 24% a Mykonos, Santorini, Rodi, Naxos, Paros e Skiathos. Dall’1 gennaio dell’anno prossimo, poi, aumenterà anche le tasse sulle camere d’albergo, sugli alcolici e alcuni generi alimentari. (Leggi anche: Grecia, austerità in cambio di aiuti)