Sarà effetto Trump o alla fine tanto clamore per nulla? L’unica certezza è che la Groenlandia non si era mai sentita così gli occhi addosso del mondo nel giorno delle elezioni. Per il rinnovo dell’Inatsisartut, il Parlamento locale composto di 31 membri, sono chiamati al voto oggi 31.000 abitanti su una popolazione complessiva di 57.000. Le dimensioni di un Comune di medio-piccole dimensioni in Italia. Eppure, ne stanno parlando tutti. Quest’isola di ghiaccio da 2 milioni di km quadrati, grande quasi 7 volte il Bel Paese, potrebbe mettere in moto sin dalle prossime ore meccanismi dirompenti per la geopolitica.
Al voto tra Trump e orgoglio indipendentista
Al suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente americano Donald Trump ha confermato l’interesse per la Groenlandia proprio alla vigilia di queste elezioni.
Ha ribadito che si atterrà al giudizio dei suoi abitanti, ma allo stesso tempo che non rinuncerà “in un modo o nell’altro” al sogno di legarla agli Stati Uniti. Se lo vorranno, ha concluso, saranno “i benvenuti”. Già a gennaio, subito dopo avere rilanciato la sua volontà di acquistare l’isola, il figlio Eric vi aveva fatto visita, accolto con entusiasmo dalla popolazione locale.
Secondo i sondaggi, realizzati su un campione di 500 abitanti, il premier uscente Mute Egede dovrebbe ottenere un secondo mandato. Il suo partito Inuit Ataqatigiit della sinistra ecologista sarebbe accreditato del 31%, pur in calo dell’8% rispetto alla precedente tornata e tallonato dagli indipendentisti di Simiut. Questi promettono un referendum per l’indipendenza nel caso di vittoria. Ma crescerebbero i consensi per gli indipendentisti di Naleraq, favorevoli a stringere le relazioni con gli USA.
Il boom si deve grazie all’influencer filo-trumpiana Qupanuk Olsen. A seguire ci sono anche gli unionisti di Demokratiit e Atassut.
Egede ha ribadito sotto elezioni che la Groenlandia “non è in vendita”. E ha posto l’accento sul fatto che i suoi abitanti non siano “né danesi, né americani”. Vedremo quale sarà stato l’effetto delle dichiarazioni bombastiche di Trump. Di sicuro c’è che i groenlandesi si sono riscoperti corteggiati, un fatto che già ha spinto la Danimarca ad aumentare gli stanziamenti in suo favore. Saranno 520 milioni di euro i finanziamenti all’isola, che formalmente gode di autonomia dal Parlamento di Copenaghen sin dal 1979, anche se sottostà al suo sovrano.
Isola fuori da UE, ricca di materie prime
Contrariamente a quanto possiamo immaginare, la Groenlandia non appartiene all’Unione Europea, perché con un referendum si portò fuori dalla CEE già nel 1985. Dal 2009, poi, ha accresciuto la propria autonomia rispetto alla Danimarca. Resta il fatto che senza gli stanziamenti di questa, se ne andrebbe in fumo un quinto del Pil locale. E le autorità danesi non sono ben viste a Kalaallit Nunaat, come qui si chiama la Groenlandia. Ha prestato scarsa attenzione alle infrastrutture, tant’è che i collegamenti interni avvengono quasi sempre per via aerea.
Ma perché l’isola è diventata così importante agli occhi di Trump e, di riflesso, dell’Europa stessa? Pur essendo ricoperta di ghiaccio per l’80% del suo territorio, risulterebbe ricchissima di materie prime. Si stimano terre rare sul sottosuolo per 36,1 milioni di tonnellate. Trattasi di minerali cruciali per la transizione energetica e l’Intelligenza Artificiale.
Per gli americani significherebbe poter battere così la Cina, che dispone di abbondanti materie prime. Ci sono anche idrocarburi, ma la loro ricerca è stata sospesa per ragioni ambientali.
La cautela con cui la Groenlandia va alle elezioni oggi si deve all’indecisione su cosa fare. Da un lato gli abitanti fiutano l’opportunità storica di emanciparsi dalla Danimarca e arricchirsi. Questo promette loro esplicitamente il presidente americano. Dall’altro vogliono difendere il loro ambiente. Si studiano vie di mezzo, anche tra Copenaghen e Washington a dire il vero. Difficile che l’isola opti per l’indipendenza e la successiva annessione agli USA. Più facile immaginare che stringa tramite le stesse autorità danesi relazioni commerciali più fitte con gli americani.
Elezioni Groenlandia, americani all’incasso?
Ad esempio, a causa dello scioglimento progressivo dei ghiacci, le acque attorno all’isola saranno navigabili per un periodo crescente dell’anno, consentendo alle navi americane di sfruttare nuove rotte per dirigersi in Europa e Asia. E Washington fiuta la necessità di imporre la propria supremazia nell’Artico rispetto alle mire espansionistiche di Russia e Cina. Già nel 2019, all’epoca del primo mandato, Trump aveva offerto di acquistare la Groenlandia. La risposta della Danimarca fu di sdegno. Non se ne fece nulla, ma quelle battute servirono ad allontanare la Cina dallo sfruttamento delle terre rare.
Sembra proprio che dietro alle bizzarrie verbali del tycoon si celi sempre il tentativo di influenzare il corso delle cose. Vedremo se sarà così anche alle elezioni odierne della Groenlandia. Gli americani non resteranno ugualmente a bocca asciutta. Se già a Pituffik dispongono di una base militare, da quest’estate partiranno due voli al giorno dall’aeroporto internazionale dell’isola in direzione Washington. Anche così le autorità locali strizzano l’occhio a zio Sam, consapevoli che, pur non volendo diventare una nuova stella sulla bandiera yankee, perlomeno potranno farsi valere dopo decenni di frustrazioni e trattamento da serie b subito dalla Danimarca.