Lo scontro tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi si riaccende. A riaccendere la miccia, ancora una volta, è stato Donald Trump. Con un ordine esecutivo e l’immancabile spettacolo mediatico, il presidente americano ha annunciato un nuovo aumento dei dazi sulle merci europee: il 20% in più su una lunga lista di prodotti che attraversano l’Atlantico per finire nei negozi e nelle industrie americane. Una mossa che ha colto di sorpresa l’Europa, ma che ha trovato una risposta altrettanto rapida e incisiva. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha annunciato un piano per colpire a sua volta le esportazioni statunitensi, con una stima d’impatto pari a 28 miliardi di euro.
La tensione tra le due sponde dell’Atlantico non è una novità, ma l’intensità di questo nuovo round rappresenta un cambio di passo. L’Unione Europea, da tempo abituata a muoversi con prudenza e diplomazia, ha scelto stavolta una reazione dura e rapida, consapevole che l’aggressività commerciale americana potrebbe minare non solo gli equilibri tra le due economie, ma l’intero sistema di scambi globali.
Dazi, Von der Leyen risponde colpo su colpo
La risposta europea si è costruita in poche ore. Von der Leyen ha convocato un vertice straordinario con i commissari competenti e ha illustrato un piano di contromisure, che prevede tariffe aggiuntive su una gamma di beni americani: si parla di prodotti industriali, agricoli, ma anche componentistica tecnologica. L’obiettivo è colpire settori strategici per l’economia statunitense, facendo leva sul peso del mercato europeo.
“Non si tratta di una guerra commerciale, ma di una difesa degli interessi europei”, ha chiarito la Commissione.
Dietro questa dichiarazione si cela una volontà politica precisa: mostrare ai partner mondiali che l’Europa non è più disposta a subire in silenzio, specialmente quando vengono toccati principi fondamentali del libero scambio e dell’equità commerciale.
A rendere ancora più delicata la questione dei dazi è il sostegno che Trump continua a ricevere da parte di alcuni colossi dell’industria statunitense, da Elon Musk a Jeff Bezos, che vedono nelle barriere doganali uno strumento per “riequilibrare” i rapporti commerciali internazionali. Ma questa visione protezionista sembra trascurare l’interdipendenza economica tra Usa e Ue, dove interi comparti produttivi si basano su filiere condivise.
Effetti dei dazi su imprese e mercati: l’instabilità domina
L’effetto immediato dell’annuncio americano e della reazione europea si è fatto sentire sulle principali piazze finanziarie. I mercati hanno reagito con nervosismo, registrando flessioni diffuse soprattutto nei settori più esposti: automotive, agroalimentare, tecnologia. Aziende che dipendono fortemente dall’export verso gli Stati Uniti – e viceversa – hanno visto crollare le proprie quotazioni in poche ore.
Anche le associazioni di categoria hanno espresso forte preoccupazione. In Europa, molti imprenditori temono che le contromisure europee finiscano per creare ulteriori ostacoli alle esportazioni, proprio in un momento in cui la ripresa economica post-pandemia inizia a dare segnali positivi. Allo stesso tempo, le aziende americane temono di perdere quote di mercato in un continente che, nonostante tutto, continua a rappresentare un’area strategica per gli affari.
Gli analisti parlano apertamente del rischio di un’escalation incontrollata. Se il braccio di ferro dovesse proseguire senza aperture al dialogo, le conseguenze potrebbero estendersi ben oltre i due blocchi coinvolti, generando un effetto domino a livello globale. In un mondo già segnato da conflitti geopolitici, instabilità energetica e nuove incertezze monetarie, l’ultima cosa di cui si ha bisogno è una guerra commerciale tra giganti.
Serve diplomazia, ma anche fermezza
Eppure, uno spiraglio per la trattativa resta aperto. Ursula von der Leyen ha sottolineato che l’Unione Europea è pronta al dialogo, purché si basi sul rispetto reciproco e sulla trasparenza. In altre parole: non sarà Bruxelles a chiudere le porte a un accordo, ma non accetterà imposizioni unilaterali.
Da parte americana, le parole di Trump sono sembrate contraddittorie. Dopo aver parlato di “misure reciproche”, ha dichiarato che i calcoli sui dazi sono stati “ammorbiditi”, lasciando intendere che ci sarebbe ancora margine per una mediazione. Ma intanto i documenti ufficiali firmati alla Casa Bianca raccontano un’altra storia, fatta di aumenti tariffari, minacce velate e una strategia di pressione che punta a rinegoziare le condizioni del commercio internazionale con l’Europa.
Il prossimo Consiglio Europeo potrebbe rappresentare un passaggio cruciale. I capi di Stato e di governo dell’Unione dovranno esprimersi sulla proposta della Commissione, e decidere se autorizzare formalmente l’introduzione dei nuovi dazi anti-USA. Se così fosse, si aprirebbe una nuova fase nei rapporti transatlantici, più conflittuale, ma forse anche più matura e consapevole.
Nel frattempo, le aziende europee dovranno prepararsi a una stagione di incertezza. Alcune potrebbero cercare mercati alternativi, altre dovranno rivedere le proprie strategie di export. E i cittadini? Potrebbero ritrovarsi a pagare prezzi più alti per beni di consumo che fino a ieri arrivavano dagli Stati Uniti senza costi aggiuntivi.
In sintesi.
- Trump ha imposto dazi del 20% sulle importazioni dall’Ue.
- Von der Leyen ha risposto con un piano da 28 miliardi contro gli Usa.
- I mercati tremano, si teme un’escalation commerciale globale.