Come se non fossero bastati due anni di pandemia e una guerra ancora in corso (tra Russia e Ucraina) a rendere l’inizio del nuovo ventennio il più nero e ostile del millennio, l’improvviso attacco di Hamas sulla Striscia di Gaza stravolge ulteriormente gli scenari politici ed economici.
La guerra in Israele è di fatto una realtà, da ufficializzare con l’attesa controffensiva che si prevede dura e massiccia.
In questo clima di generale destabilizzazione, come si stanno comportando i mercati?
Gli effetti della guerra in Israele sul petrolio e lo Spread
L’apertura di questa mattina di Piazza Affari è in rosso: il lunedì 9 ottobre il Ftse Mib cede lo 0,35% in apertura mentre lo spread vola a 208 punti (+3,11%).
L’attacco di Hamas fa invece impennare i titoli legati a guerra e petrolio: Eni a +2,5%, Saipem +1,5%, Leonardo +4,5%.
In controtendenza le banche, con aperture negative: FinecoBank -1,8%, Bper -1,8%, Mps -2,2%.
Il petrolio americano si attesta sugli 86,66 dollari al barile mentre l’euro è ancora in difficoltà e perde un ulteriore 0,5% (1,0539).
In salita anche l’oro, circa l’1%, quotato a 1,862 dollari l’oncia.
Intanto Israele vende 30 miliardi di dollari dopo il ritorno dello shekel ai livelli del 2016 (ha perso l’1,8% nei confronti del dollaro, scendendo a quota 3,9146 per dollaro). Questa mossa è legata ad un programma di sostegno dei mercati, in seguito all’attacco di Hamas.
Bond giù e gli investitori preferiscono porti più sicuri
La guerra in Israele sta accentuando la tendenza in salita dello spread, con una nuova accelerazione. La differenza di rendimento tra i titoli di stato e i bund è arrivata a quota 208, con previsione ad aumentare nei prossimi giorni.
Questa tendenza porta gli investitori a preferire condizioni più sicure, come la Germania e gli Stati Uniti.
Nonostante la recessione tedesca, infatti, la Germania si dimostra ancora solida e affidabile, mentre gli Usa stanno vivendo una fase di crescita con il picco in estate che ha portato il PIL a crescere in maniera superiore rispetto alle previsioni anche per effetto di fenomeni mediatici come i concerti di Taylor Swift, Beyonce e i film Barbie e Oppenheimer.
Il taglio del cuneo fiscale
Palazzo Chigi non nasconde una certa preoccupazione dinanzi alle ultime notizie della guerra in Israele. L’aumento del petrolio e dello spread significherebbe un margine di manovra ancora più stretto per il taglio del cuneo fiscale promesso dal governo, già impegnato in un braccio di ferro con Bruxelles. Effetti pesanti per i conti pubblici con aumento del debito e del deficit, calo del Pil, nuova impennata dell’inflazione. In questo contesto traballano gli obiettivi del governo sottoscritti nella Nadef. A rischio il taglio del cuneo fiscale per tutto il 2024 fino a 35 mila euro. Tradotto: nessun aumento in busta paga percepito.
Con una coperta troppo corta già oggi, la nuova guerra nella zona più critica della Terra, il NO di Bruxelles potrebbe essere ancora più impietoso.