I bond in rubli superano l’inverno russo tra rialzi di cambio, petrolio e taglio dei tassi

La Russia taglia i tassi e beneficia del petrolio stabile sopra i 60 dollari, schivando gli effetti delle sanzioni finanziarie. In calo i rendimenti sovrani e corporate e il 2020 andrebbe anche meglio.
5 anni fa
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Con la fine dell’anno alle porte, tempo di bilanci sui mercati. E per la Russia il 2019 è andato piuttosto bene. Non brilla il suo tasso di crescita economica, atteso di poco superiore all’1%, ma la crisi provocata sin dal 2014 sia dal crollo del petrolio e dalle sanzioni dell’Occidente sul caso Ucraina sembra alle spalle. Interessante notare che il mercato dei corporate bond sia cresciuto di dimensioni nel frattempo, più che raddoppiando di valore a 13.000 miliardi di rubli, circa 200 miliardi di dollari.

Di questi, oltre un quinto è la quota parte di Rosneft, il gigante petrolifero, che all’inizio di quest’anno registrava emissioni totali per 44,5 miliardi di dollari.

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La più attiva nell’emettere bond nel corso del 2019 è stata la prima banca russa, Sberbank, con 96 miliardi di rubli, qualcosa come circa 1,5 miliardi di dollari. E secondo VTB Capital, nel 2020 le emissioni obbligazionarie private in Russia cresceranno di un altro 25%, attestandosi a 2.000 miliardi di rubli o 31,5 miliardi di dollari al cambio attuale. Esse verranno sostenute dai tassi in calo. Quest’anno, la Banca di Russia li ha tagliati dal 7,50% al 6,50% e si prevede che al board di venerdì prossimo vi sarà un ulteriore allentamento monetario. Del resto, l’inflazione è scesa al 3,8% in ottobre, sotto il target del 4% dell’istituto.

In termini reali, quindi, ancora i tassi d’interesse russi si mostrano decisamente positivi per quasi 300 punti base, un fatto ormai inconsueto di questi tempi. Gli stessi rendimenti sovrani avrebbero ulteriori margini per scendere. I titoli in rubli, detti anche OFZ, offrono il 6,41% per la scadenza a 10 anni e quelli a 2 anni il 5,825%. A inizio anno, offrivano rispettivamente l’8,66% e il 7,76%. A conti fatti, anch’essi rendono positivamente in termini reali e di 200-250 bp. Per capirne l’andamento futuro, bisogna guardare al mercato petrolifero.

La Russia è oggi il secondo produttore di greggio al mondo dopo gli USA con un’offerta giornaliera intorno agli 11 milioni di barili. Mosca aderisce all’accordo dell’OPEC, pur non facendone parte, ponendo un tetto alla produzione, così da sostenerne le quotazioni internazionali.

L’impatto del petrolio sui bond russi

Circa la metà delle esportazioni russe sono di petrolio e prodotti raffinati, per cui i loro prezzi determinano nei fatti i tassi di cambio del rublo, impattando sull’inflazione e, in ultima analisi, sui tassi d’interesse e i rendimenti sovrani e corporate. E quest’anno, il rublo si è rafforzato di oltre l’8% contro il dollaro, la metà di quanto abbia fatto il petrolio (in dollari), con il risultato che per la Russia un barile esportato oggi rende circa il 9% in più di fine 2018, facendole incassare oltre 4.030 rubli dai 3.700. L’apprezzamento del cambio ha tenuto a bada i prezzi domestici, consentendo al governatore Elvira Nabiullina di tagliare i tassi per sostenere l’economia.

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Se il petrolio reggesse sui livelli attuali e sul fronte geopolitico non arrivassero novità negative per il Cremlino, il trend positivo per i bond in rubli sarebbe destinato a proseguire. E considerando che le sanzioni abbiano sostanzialmente privato governo e società russi dello sbocco sui mercati stranieri, i rendimenti dei bond in rubli sono rimasti gli unici con cui in patria bisogna confrontarsi per farsi un’idea dei costi di indebitamento da sostenere. L’outlook appare positivo per i titoli di stato, se è vero che i “credit default swaps”, che misurano il rischio sovrano a 5 anni, siano crollati quest’anno da quasi 150 a poco più di 65 bp.

Anche la borsa di Mosca ha reagito bene, con incrementi degli indici non inferiori al 20%, superiori alla media delle altre piazze finanziarie emergenti.

Tuttavia, i lauti dividendi distribuiti dalle società quotate hanno portato il rendimento azionario fino al 7%, battendo quelli obbligazionari. In teoria, questo andamento rema contro i corporate bond, in particolare, ponendosi in concorrenza con i loro rendimenti esitati. C’è tutta la sensazione, però, che tra taglio dei tassi e stabilità del cambio, a sua volta legato a quello del petrolio, il mercato obbligazionario russo possa compiere nuovi progressi nel 2020.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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