L’arrivo della primavera porterebbe un minimo sollievo al popolo della Corea del Nord. Secondo alcune fonti cinesi, il confine con la Cina di oltre 1.400 km verrebbe riaperto in questo mese di aprile. Negli ultimi giorni, diversi ispettori di Pechino sarebbero stati visti a controllare le frontiere e ciò accredita le voci di un imminente ripristino dei commerci tra i due stati. Il confine venne chiuso oltre un anno fa da Pyongyang per sventare sul nascere il rischio di importare il Covid.
La chiusura delle frontiere non ha fatto che aggravare le condizioni di vita dei nordcoreani. La Cina incide per il 96% delle importazioni e il 67% delle esportazioni di Pyongyang. In pratica, l’azzeramento dell’import-export da 3 miliardi di dollari all’anno ha equivalso all’isolamento più totale del paese dal resto del mondo e, soprattutto, all’insufficienza di cibo.
Secondo il Daily NK, quotidiano di opposizione al regime all’estero, i prezzi dei generi alimentari risulterebbero quasi tutti esplosi negli ultimi mesi, rendendo impossibile acquistarli ai più. Al mercato generale di Pyongsong Okjon nella provincia meridionale di Pyongan, 1 kg di farina questa settimana costerebbe 11.200 won nordcoreani o KPW (12,45 dollari), più del triplo dei livelli di ottobre; 1 kg di zucchero risulterebbe schizzato a 30.100 KPW (33,45 dollari), sette volte rispetto sempre all’ottobre scorso; la stessa soia costerebbe sui 27.800 KPW (quasi 31 dollari) al kg, più del doppio.
Se questi livelli vi sembrano già assurdi, dovete calcolare che il PIL pro-capite stimato nella Corea del Nord non va oltre i 1.200/1.500 dollari, per cui anche solo comprare lo zucchero equivarrebbe a un terzo dello stipendio medio mensile dei più fortunati. Tuttavia, al cambio vigente sul mercato nero, il KPW vale circa 7 volte in meno del tasso di cambio ufficiale di 900:1, per cui i prezzi reali risulterebbero di gran lunga più bassi.
Kim Jong-Un ammette il fallimento sull’economia e chiede scusa al popolo della Corea del Nord
Accattonaggio e mercato nero per sopravvivere alla fame
Un recente Rapporto dell’ONU sui Diritti Umani nella Corea del Nord ha riportato di fame diffusa e della necessità per i ragazzi e i più anziani di fare l’elemosina nelle strade per sopravvivere o di rischiare la vita trafficando beni illegalmente alle frontiere. La repressione contro il mercato nero si è inasprita nell’ultimo anno, nonostante sotto Kim Jong-Un fosse stata tollerata negli anni precedenti. Del resto, troppo forte la paura del leader comunista di ritrovarsi con un’epidemia ingestibile in casa. La sanità nazionale sarebbe tutt’altro che capace di fronteggiarla, ridotta a strutture ospedaliere e mezzi degli anni Settanta. Le pochissime scene esistenti sulle condizioni delle sale operatorie ci forniscono l’immagine più di mattatoi che di luoghi di cura.
L’economia nordcoreana soffre anche le sanzioni internazionali imposte dall’ONU nel 2017 dopo i ripetuti lanci di missili balistici per testare la costruzione di armi nucleari. Gli ultimi due lanci risalgono ai giorni scorsi e sono stati i primi nell’era Biden. L’amministrazione americana ha sospeso nei fatti le trattative con Pyongyang, avviate nel 2018 dagli storici incontri tra Kim Jong-Un e Donald Trump. Il paese è tornato a lanciare un avvertimento minaccioso a Washington, sostenendo che sarebbe in grado di “togliere il sonno all’America”.
Quasi come se vivesse in un mondo parallelo, però, il leader nordcoreano ha per due volte in pochi giorni ribadito in pubblico l’impegno senza se e senza ma di costruire 50 mila nuovi appartamenti nella capitale, al fine di porre rimedio ai problemi abitativi della città.
In Corea del Nord è ora consentito chiedere aiuto ai parenti all’estero