Se non fosse roba seria, ci sarebbe da ridere. Invece, parliamo dei denari dei contribuenti, che rischiano di essere ipotecati da una diatriba statistica tra Istat ed Eurostat. Ci riferiamo al Superbonus, anzi complessivamente ai bonus edilizi. Secondo la premier Giorgia Meloni, sui conti dello stato gravano minori entrate attese per almeno 120 miliardi di euro, di cui una trentina solamente su quest’anno. E il problema è che, malgrado la recente stretta, il costo continua a salire di mese in mese.
La questione è molto tecnica e nessuno ha idee realmente chiare sul tema. Ovvero, le idee dipendono dalla convenienza del momento. All’inizio di quest’anno l’Eurostat, l’istituto di statistica dell’Unione Europea, ha classificato le spese effettuate con i bonus edilizi come “pagabili”. Esso ha dato per scontato il mancato gettito per lo stato in conseguenza della cessione dei crediti fiscali. Per questa ragione ha fatto ricadere tale ammanco interamente sugli esercizi in cui sono state effettuate le spese.
Crediti “pagabili” ed effetto boomerang
Poniamo che il signor Mario Rossi abbia ristrutturato casa con il Superbonus 110 nel 2021, spendendo 100.000 euro. Grazie allo sconto in fattura, ha realizzato i lavori gratuitamente. La ditta a cui ha ceduto il credito avrà a sua volta detratto 110.000 euro dalle imposte da versare allo stato o portato allo sconto tale credito in banca. Secondo l’Eurostat, quindi, i 110.000 euro di minore gettito fiscale vanno conteggiato tutti sul 2021.
A seguito di questa classificazione, i 90 miliardi di euro di minori introiti attesi tra Superbonus e altri bonus edilizi sono stati caricati formalmente sui bilanci dello stato negli esercizi 2020, 2021 e 2022.
Crediti “non pagabili”, conseguenze
Qual è la conseguenza di questo possibile cambio di giudizio? I 90 miliardi caricati sugli esercizi 2020-2022 dovrebbero essere spalmati sui prossimi esercizi futuri in ragione dell’effettivo minore gettito fiscale che si verificherà anno per anno. Questo significa ipotecare sin da oggi i conti pubblici per i prossimi anni, quando tra l’altro tornerà in vigore il Patto di stabilità che limita il deficit al 3% del PIL. Il governo non avrebbe più soldi per fare nulla, perché una decisione di natura prettamente statistica gli legherebbe le mani.
Dal canto suo Eurostat nota come la stessa Istat dall’anno prossimo classificherà le spese con il Superbonus come “non pagabili”, cioè da spalmare su più anni. Bruxelles teme che questo cambio di approccio serva a snellire i conti pubblici per il 2024, aumentando i margini di manovra fiscale del governo. L’istituto italiano, invece, sostiene che la stretta del governo Meloni avrà effetti dall’anno prossimo e renderà i crediti fiscali non così certamente esigibili come finora. Al di là di certa convenienza, sembra sostanzialmente veritiera la narrazione dell’Istat. Il governo ha di molto ristretto le possibilità di usufruire dei benefici fiscali dal 2024, tra l’altro riducendo al 70% le detrazioni con il Superbonus ed eliminando il ricorso allo sconto in fattura.
Superbonus, necessario accordo Roma-Bruxelles
Ragionevolezza vuole che Roma e Bruxelles giungano ad un accordo. Per fortuna il giudizio di Eurostat non è atteso in tempi brevissimi. La statistica sarà probabilmente accompagnata dalla politica, com’è naturale che sia. Non possono essere diatribe tecniche ad inguaiare i conti dello stato italiano per i prossimi anni. Serve un lavorio diplomatico e forse potranno venirci in soccorso le elezioni europee nella primavera prossima, in vista delle quali nessuno alla Commissione vorrà scontrarsi con il governo della terza economia dell’area. Certo è che il pasticcio è in gran parte made in Italy. E sbrogliare la matassa senza danneggiare la reputazione di organi indipendenti come Istat ed Eurostat non sarà semplicissimo.