Si parla spesso di immigrati e del lavoro che non c’è, o meglio dei lavori che i migranti potrebbero “rubare” agli italiani. La realtà è ben diversa: è grazie ai migranti che alcuni mestieri riescono a restare vivi. Alcuni profili vantano una percentuale straniera molto importante. Quali sono?
Non solo colf e badanti
I lavori che scomparirebbero senza gli stranieri sono parecchi: colf, baby sitter, badanti, venditori ambulanti, operai specializzati, artigiani edili. Mestieri che dal 2008 al 2017 sono passati da 1,7 milioni a 2,4 milioni secondo i dati riferiti dalla Fondazione Moressa su dati Istat.
C’è da dire però che la maggior parte degli stranieri è attiva i lavori a bassa qualifica, il 34% opera nei settori non qualificati, il 28% come operai specializzati e il 7% in lavori qualificati. Diverso il discorso per gli italiani, che invece per il 31% sono impiegati o addetti alla vendita, il 22% è operaio specializzato o operaio, altrettanti sono impiegati in ruoli tecnici e solo l’8,3% è attivo in lavori non qualificati.
Basti pensare che 7 colf su 10 sono straniere, molte arrivano dall’est. Si tratta di una figura letteralmente snobbata dagli italiani se non in rari casi. Gli italiani hanno il primato nei ruoli tecnici, docenti, contabili, informatici ma per la figura di venditore ambulante fa a gara con gli stranieri.
Quali sono i mestieri che gli italiani non vogliono fare
Nel dettaglio nella top ten dei lavori svolti praticamente solo da stranieri ci sono i domestici con il 69,1%, seguito da badanti al 59,6% e venditori ambulanti al 46,8%. In lizza anche i braccianti agricoli (31,6%) e gli operai edili (30,4%).
Parlando di percentuali, i lavoratori stranieri sono il 30,4% tra gli operai edili, 32% tra i braccianti agricoli e 69% tra i collaboratori domestici. Tutti mestieri che i giovani non vogliono più fare e portano il discorso nell’ottica della crescita; Alessandro Rosina, ordinario di demografia e statistica sociale dell’università Cattolica di Milano, fa notare che “Nella prospettiva di un Paese che vuole tornare a generare sviluppo, in uno scenario demografico che vedrà ancor più invecchiare la popolazione e ridurre le fasce d’età lavorative centrali l’immigrazione va considerata un fattore strategico a sostegno dei processi di crescita”.