Aveva debuttato nel 2019 sui mercati internazionali con un Eurobond. Nei giorni scorsi, vi è tornato con un secondo suddiviso in due tranche. Il Benin ha fatto il pieno con una scadenza a 11 anni per l’importo di 700 milioni e una di 31 anni da 300 milioni. In tutto, ha raccolto 1 miliardo di euro, a fronte di ordini per complessivi 3,1 miliardi, di cui 1,9 destinati alla prima tranche e 1,2 miliardi alla seconda. Il titolo a 11 anni è stato emesso a un tasso d’interesse del 4,8% e quello a 31 anni al 6,8%.
L’emissione è stata, dunque, “non investment grade” o speculativa. Tuttavia, la finalità ha probabilmente attirato i capitali stranieri. Parte della raccolta sarà destinata a rimborsare anticipatamente il 65% del bond alla pari con scadenza marzo 2026 e cedola 5,75% (ISIN: XS1963478018). Oggi, questo titolo scambia in area 107, nettamente sopra la pari, offrendo un rendimento alla scadenza del 4,15%. Ma due anni fa veniva emesso a un prezzo di soli 98,77 centesimi, pari a un rendimento del 6%.
Flusso dei capitali verso i mercati di frontiera
In altre parole, il Benin sta cercando di approfittare dell’abbondante liquidità sui mercati per spuntare costi quanto più bassi possibili e allungare al contempo le scadenze, migliorando l’outlook del debito. Bisogna aggiungere che per il Benin le emissioni in euro non comportano un’esposizione reale verso una valuta estera, dato che la moneta locale è il franco CFA, legato all’euro da un “peg” fisso. Grazie ad esso, il paese gode, assieme alla gran parte dell’Africa occidentale, della stabilità dei prezzi e finanziaria, in generale.
Il Benin è un’economia di frontiera con un PIL di appena 12 miliardi di dollari e pro-capite sotto i 1.000 dollari.
Mercati di frontiera nel mirino dei cacciatori di rendimento, non bastano neppure gli emergenti