Una vera riforma pensioni bisognerebbe farla per i parlamentari italiani. Se non fosse per questo diritto privilegiato che matura dopo 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di rappresentanza (non chiamiamolo lavoro che è ben altra cosa), col cavolo che si sarebbe aperta la crisi di governo.
Come confermato dal fatto che la data per le elezioni anticipate cadrà poco dopo che sia trascorso il periodo di maturazione al diritto alla pensione (25 settembre). E come anche dal fatto che questa crisi politica era già latente da tempo, ma la si è voluta far scoppiare solo adesso.
Parlamentari in pensione per un soffio, ma non è un caso
Quindi, nulla avviene per caso e quando si tratta di difendere il proprio tornaconto, non si guarda in faccia a nessuno. Del Paese, degli interessi degli italiani, delle riforme, dell’inflazione, ecc. non interessa e non è mai interessato veramente a gran parte della classe politica.
Onorevoli e senatori si sono solo preoccupati di maturare il requisito alla pensione. Mettendosi anche in tasca alti stipendi, non certo commisurati a quelli di altri Paesi Ue. Così, se c’è qualcosa di buono che ha fatto il M5S durante questa legislatura, è stato quello di ridurre di un terzo il numero dei parlamentari italiani. Che restano comunque troppi in rapporto alla popolazione.
Sicché per la casta politica italiana nulla è cambiato. Per loro la Fornero non esiste. Nonostante i vitalizi dei parlamentari siano stati eliminati, i privilegi sulle pensioni restano. La legge riconosce loro un monte contributivo di 50.000 euro che corrisponde a una pensione di 1.000 euro netti al mese.
La rendita degli onorevoli arriva a 60 anni
Ma il privilegio non è l’importo e il diritto alla pensione. Bensì l’età pensionabile di onorevoli e senatori. Se ne vanno tranquillamente a riposo a 65 anni e se vengono rieletti per un secondo mandato possono abbassare l’età fino a 60 anni.
Il contrario di quello che spetta a tutti i lavoratori. Ma che sistema è questo? Per loro il meccanismo della speranza di vita Istat funziona al contrario. Al punto che potremmo chiamarlo tranquillamente speranza di essere rieletti.
E il fatto che simili privilegi continuino a resistere nel nostro ordinamento previdenziale è semplicemente vergognoso. La classe politica non può e non deve reclamare una riforma pensioni per la generalità dei lavoratori, quando è la prima a non seguire le regole generali. L’esempio dovrebbe partire da chi ci rappresenta e fa le leggi.