La Germania crescerà quest’anno meno dell’1%, forse non oltre il mezzo punto percentuale. Non ci sarebbe ancora vera aria di recessione, anche se i dati manifatturieri lanciano più di un allarme. L’economia tedesca è uscita dalla crisi del 2008-’09 in splendida forma, crescendo da allora di oltre 13 punti e riuscendo a tagliare il debito pubblico sotto i livelli pre-crisi, nonché a ridurre persino l’indebitamento privato. Nel frattempo, il mercato del lavoro ha raggiunto la piena occupazione, tanto che le imprese tedesche sono costrette a rivolgersi alla manodopera straniera per aumentare la produzione.
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La Germania è uno dei paesi del mondo avanzato con i più bassi tassi di proprietà di case. Solo poco più del 52% dei tedeschi risulta possederne una, il resto vive in affitto o presso case di edilizia popolare. Perché un popolo di grandi risparmiatori punti poco sugli immobili resta un mistero, anche perché i prezzi delle case sono rimasti pressappoco stabili nei primi due decenni dalla caduta del Muro di Berlino. Nell’ultimo decennio, invece, si è registrata una vera e propria impennata, con un +60% mediamente segnato dal 2010. Lo scorso anno, nonostante il rallentamento economico in atto, gli immobili residenziali hanno continuato ad apprezzarsi mediamente del 5%.
La proposta choc a Berlino
In città come Francoforte e Monaco di Baviera, l’agenzia di rating Fitch ha stimato lo scorso anno che i prezzi risulterebbero mediamente del 35% superiori al loro reale valore di mercato.
Non si tratta di una boutade, bensì di una vera petizione pubblica, che in pochi giorni avrebbe raccolto 20.000 firme, sufficienti ad obbligare l’amministrazione comunale di centro-sinistra a proporre una soluzione al problema abitativo, che vada incontro all’istanza. Se i proponenti si riterranno insoddisfatti, avranno tempo fino al febbraio dell’anno prossimo per raccogliere altre 170.000 firme (il 7% dei votanti alle ultime amministrative) per forzare la celebrazione di un referendum. Il quesito che verrebbe sottoposto ai berlinesi chiederebbe loro se siano favorevoli al riacquisto da parte del Land degli appartamenti ceduti in passato ai privati e che oggi risultano posseduti da tenutari con almeno 3.000 immobili. Nell’occhio del ciclone vi è, in particolare Deutsche Wohnen, società proprietaria di 160.000 immobili, di cui 115.000 nella sola Berlino. Formalmente, la Costituzione tedesca consente l’“Enteignung”, anche se qui sarebbe previsto l’indennizzo.
Il suo ceo, Michael Zahn, rassicura che gli espropri non ci saranno, perché “non siamo in una repubblica delle banane”. E avverte che la petizione rischia di aggravare la crisi del mercato, allontanando gli investimenti per la costruzione di nuovi immobili, aggiungendo che “non un solo appartamento in più” sarà disponibile nel caso di successo del referendum. L’amministrazione comunale stima in 36 miliardi il costo per il riacquisto delle case, sufficiente per i rappresentanti dell’industria edile a costruire 220.000 nuove unità abitative.
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Le ragioni del boom dei prezzi delle case
Come mai questo boom? Molto ha a che vedere con il boom della domanda a Berlino, sostenuta negli ultimi anni dall’arrivo in città di migliaia di artisti, intellettuali e giovani di tutta Europa, attratti da un costo della vita relativamente basso, oltre che dall’offerta culturale vivace. Tuttavia, c’entrerebbe anche la BCE, che tenendo i tassi a zero, ha stimolato il mercato dei mutui, sostenendo gli acquisti dei privati e finendo per stimolare ulteriormente i prezzi delle case. Non a caso, la polemica di questi anni tra i tedeschi e il governatore Mario Draghi riguarda essenzialmente gli effetti collaterali della sua politica monetaria ultra-espansiva, la quale avrebbe finito per gonfiare i prezzi di tutti gli assets finanziari, nonché degli immobili, rendendoli (ancora) meno alla portata della classe media.
La Germania non aveva registrato nei decenni successivi alla riunificazione alcuna impennata delle quotazioni immobiliari, anzi queste erano rimaste incredibilmente ferme fino alla crisi del 2008, quando hanno iniziato ad impennarsi al ritmo del 5% all’anno. Uno shock per i tedeschi, che hanno sin da subito temuto la creazione di una bolla, con la conseguenza di finire a pagare di più anche solo per rimanere in affitto, dati i maggiori costi di acquisto delle case sostenuti dai proprietari. A Berlino, in particolare, la rabbia monta contro quella che gli organizzatori della petizione definiscono una “speculazione” di colossi come Deutsche Wohnen, interessati al solo profitto e mai al benessere degli inquilini.
Tensioni politiche legate alla bolla immobiliare
La corsa dei prezzi delle case è stata una concausa forte del tracollo elettorale di Angela Merkel alle scorse elezioni politiche del 2017. La classe media sta voltando le spalle ai conservatori, accusandoli di fare poco per risolvere un problema assai sentito e per il quale la cancelliera ha stanziato 6 miliardi di euro. Spiccioli, dinnanzi alla fame di case nelle grandi città tedesche, dove il fenomeno migratorio tiene alta la domanda e scopre il nervo di una ecologia incompatibile spesso con i bisogni elementari del cittadino, traducendosi in limitazioni o veri e propri blocchi dei permessi di costruzione. Strano a dirsi, proprio i Verdi stanno affermando il loro consenso, superando a tratti i socialdemocratici della SPD nei sondaggi e arrivando a conquistare il secondo posto, attestandosi sopra il 15%, tanto che i conservatori della CDU-CSU ipotizzano che al prossimo giro molleranno gli attuali partner della Grosse Koalition per allearsi proprio con gli ambientalisti.
E i socialdemocratici, che amministrano Berlino, con la loro leader Andrea Nahles hanno risposto picche agli organizzatori della petizione, sostenendo che sarebbe meglio investire il denaro per costruire nuovi appartamenti. Posizioni incompatibili con quel mondo che guarda a Greta Thunberg come fosse l’ultimo oracolo a indicarci la via della salvezza per madre Terra. In vista delle elezioni europee, sarà interessante verificare quali saranno i rapporti di forza tra i due mondi a sinistra. A destra, invece, un problema in più con la BCE, la quale ha appena rinviato di mesi l’avvio della stretta sui tassi, segnalando che potrebbe farlo ancora se la debolezza dell’Eurozona lo richiedesse. Lo stato non avrebbe di cosa lamentarsi qui, se è vero che riesce a indebitarsi complessivamente a costo zero, venendo pagato dal mercato per emettere Bund fino ai 9-10 anni, a causa del fenomeno dei rendimenti negativi.
Perché i Bund della Germania avrebbero perso la funzione di segnale su tassi e cambio nell’Eurozona
Ma se i conti pubblici sorridono e scoppiano di salute, esitando nel 2018 il quinto surplus consecutivo, sono quelli delle famiglie a languire, con bilanci destinati per una quota crescente a pagare il mutuo o l’affitto, di fatto compensando i benefici ottenuti con tassi mai così bassi. Ciò che guadagnano in minori interessi, molti tedeschi sono costretti a spenderlo per pagare a prezzi più elevati il bene casa, che fino a pochi anni fa risultava il più a buon mercato di tutta l’Europa avanzata. Effetti collaterali di una infinita fase straordinaria nell’area, dove nemmeno negli stati in cui l’economia è andata bene dopo la crisi l’interesse del governo coincide necessariamente con quello dei cittadini.