Anche la settimana appena trascorsa è stata positiva per i titoli di stato italiani, che hanno visto stringere lo spread decennale a 160 punti base e scendere il rendimento sulla medesima scadenza sotto il 3,60%. E non sono mancate le novità. Mercoledì, l’Ecofin ha trovato a sorpresa l’accordo per riformare il Patto di stabilità. Il giorno seguente, il Parlamento italiano ha negato la ratifica della riforma del Mes. In entrambi i casi, i nostri bond sovrani rischiavano. Per fortuna, non è accaduto loro alcunché di negativo.
Insidie superate su Patto di stabilità e Mes
Iniziamo dal Patto. Regole di bilancio più morbide rispetto a quelle in vigore fino alla pandemia. In teoria, ciò avrebbe potuto essere accolto dai mercati come un segnale di lassismo fiscale, spingendo alla vendita dei titoli di stato percepiti più rischiosi. In realtà, il dibattito italiano ruota tutto attorno al presunto rigore che la Germania sarebbe riuscita a imporre ancora una volta ai partner europei. E anche questo avrebbe potuto essere letto come un segnale negativo per la capacità del nostro Paese di adempiere alla nuova disciplina comunitaria.
Il capitolo Mes risulta ancora più insidioso. L’Italia è stato l’unico paese ad avere rigettato la riforma, che per anni è stata venduta come un ombrello ulteriore offerto ai titoli di stato italiani contro eventuali burrasche. Abbiamo avuto modo di approfondire la tematica, notando come i benefici per il debito pubblico tricolore sarebbero stati inesistenti nei fatti, a fronte di costi potenziali quali il rischio reputazionale per i bond italiani a causa della disciplina più flessibile sulle CACs.
Titoli di stato italiani restano “cheap”
Ad ogni modo, il presunto isolamento dell’Italia sul Mes non ha avuto riflessi sui titoli di stato. E questo lo dobbiamo a svariate ragioni, tra cui la tendenza rialzista del mercato, che giudica in questa fase più importante la discesa attesa dei tassi di interessi.
Dopodiché, non dobbiamo mai dimenticare che i rendimenti dei titoli di stato italiani restano nettamente superiori a quelli nel resto del Sud Europa. Esistono ulteriori margini di restringimento fino a mezzo punto percentuale sul tratto decennale rispetto alla Grecia, tanto per fare un esempio. Questo significa che per il momento si confermano “cheap” e tanto basta per farne shopping, a fronte dei minori rischi sovrani percepiti alla luce di tassi attesi in calo e nuove regole di bilancio meno severe delle precedenti.