E’ arrivato a superare i 48.000 dollari il Bitcoin nella giornata di ieri, dopo che il fondatore e CEO di Tesla, Elon Musk, aveva annunciato di avere acquistato “criptovaluta” per 1,5 miliardi di dollari. Il boom del 20% nel giro di poche ore ha portato la capitalizzazione di questo mercato fino a 900 miliardi. E così, la stessa capitalizzazione a Wall Street di Tesla, che si aggira sugli 830 miliardi, è stata superata.
L’annuncio di Musk è stato l’ennesimo pungolo a favore degli investimenti in monete digitali, a distanza di pochi mesi da simili comunicazioni da parte di colossi finanziari come PayPal e società come MicroStrategy, i quali hanno accelerato il rally post-estivo.
Poiché Bitcoin è una “criptovaluta” con variazioni di prezzo anche repentine e drammatiche, possiamo ben dire che esso esponga gli investitori istituzionali alla volatilità solamente per le conseguenze negative che essa può comportare. Almeno fino al disinvestimento e alla monetizzazione delle eventuali plusvalenze. Detto in maniera semplice, fino a quando Tesla terrà a bilancio i Bitcoin acquistati non ne trarrà alcun giovamento ai fini contabili, semmai solo svantaggi nel caso in cui i prezzi si muovessero sotto i livelli di acquisto. E la società ha detto di più, cioè ha aperto a Bitcoin come metodo di pagamento. Di fatto, una parte (pur minima) del suo “core” business risulterà impattata in un senso o nell’altra dalle oscillazioni di prezzo della moneta digitale.
Elon Musk fa volare Bitcoin ai nuovi record e ora il mercato vale oltre 800 miliardi
Pro e contro di Bitcoin per la finanza
E c’è un’altra ragione per restare cauti. I Bitcoin sono considerati un asset “inquinante”. Vi chiederete come sia possibile che un bene immateriale inquini l’ambiente. Il fatto è che per “estrarre” una unità di “criptovaluta” bisogna lavorare a lungo al PC con un algoritmo, che richiede un enorme dispendio di energia. E metà del “mining” proviene ad oggi dalla Cina, paese in cui per buona parte la produzione di energia elettrica è generata da centrali a carbone. E’ stato calcolato, ad esempio, che nel 2020 le estrazioni di Bitcoin abbiano richiesto tanta energia quanto quella consumata dall’intero Pakistan, paese da 200 milioni di abitanti.
Cosa c’entra questo con Tesla? Beh, la casa costruttrice di auto elettriche si è fatta una buona nomea proprio per il suo business “climate-friendly”. Buona parte del boom azionario degli ultimi tempi lo si deve all’aumento degli investimenti da parte di quei fondi, che per statuto e su pressione della clientela si trovano quasi costretti a puntare su assets “clean” o, comunque, a basso impatto ambientale. Ma se i Bitcoin entrassero nei bilanci di Tesla in misura non marginale, l’immagine della società rischierebbe di venirne stravolta in negativo proprio sotto il profilo della eco-compatibilità.
Questi aspetti normativi da un lato e di immagine dall’altro fungono da freno per investimenti più massicci nel mondo della finanza tradizionale. Il secondo aspetto potrebbe essere superato nel caso in cui il “mining” si spostasse in aree della Terra più sensibili all’ambiente, come la Scandinavia, dove le bollette della luce sono crollate nei mesi scorsi e la produzione di energia avviene perlopiù ricorrendo alle fonti rinnovabili.
La volatilità di Bitcoin resta alta, da febbraio potrebbe diminuire. E grossi movimenti a giorni