Rischio default Brasile è basso per ora
Tuttavia, nessuno sembra autorizzato a parlare di rischio default, almeno non in una prospettiva a medio termine, visto che il Brasile detiene riserve per il doppio del debito in valuta straniera e pari a oltre un terzo dell’intero indebitamento pubblico. Attenzione, però, a valutare la situazione sotto controllo, data anche la debolezza attuale delle istituzioni locali. Uno studio realizzato dal Congresso ha trovato che il governo centrale avrebbe un’incidenza diretta sul 10% della spesa pubblica totale, dato che le altre voci sarebbero obbligatorie, come il pagamento degli stipendi pubblici e delle pensioni, misure sociali, uscite degli enti locali.
Nel breve termine, perciò, un taglio deciso del deficit sarebbe molto difficile e politicamente non sostenibile. Si calcola, ad esempio, che un quinto del disavanzo fiscale potrebbe essere tagliato con la fine delle generose detrazioni fiscali, introdotte dal governo sin dal 2010, ovvero dalla prima presidenza Rousseff. Ma alzi la mano chi ritiene che un capo di stato politicamente indebolito e sull’orlo dell’impeachment aumenterà le tasse, per giunta nel bel mezzo della più lunga recessione dal 1948. Eppure, senza correttivi veloci, i conti pubblici brasiliani sono insostenibili. Il governo spende ben l’8,5% del pil per i soli interessi sul debito, una percentuale altissima, specie considerando che essi segnalino che il costo medio dell’indebitamento è il 13%, 3 volte quello italiano, per fare un raffronto, 6,5 volte quello della Germania. E il trend peggiora, data la fuga dei capitali dal paese.