Il trend favorevole ai titoli di stato italiani è iniziato nel mese di ottobre e non si è ancora concluso. Lo stesso dicasi per gli altri bond europei e negli Stati Uniti, anche se i BTp hanno registrato un restringimento dello spread e ciò segnala che il calo dei rendimenti italiani è stato superiore a quello sui mercati “core” come la Germania. Esso vale circa mezzo punto percentuale rispetto ai massimi toccati il 18 ottobre scorso, quando il differenziale sfiorò i 210 punti base. A beneficiarne sono stati particolarmente le scadenze più lunghe come il BTp a 30 anni.
L’attuale benchmark ha scadenza fissata in data 1 ottobre 2053 con cedola 4,50% (ISIN: IT0005534141). Ai minimi di ottobre si acquistava per meno di 87,50 centesimi e adesso serve salire sopra la pari, a quasi 107. L’apprezzamento è stato prossimo al 22% in due mesi e mezzo, mentre il rendimento nel frattempo è sceso di circa l’1,30% sotto il 4,15%.
Duration alta, prezzi in forte ascesa
Che il BTp a 30 anni abbia corso così tanto è comprensibile, trattandosi di un bond con “duration“ elevata. Ai minimi di prezzo di ottobre, garantiva un rendimento superiore al decennale nell’ordine dello 0,40-0,50%. Attualmente, il premio risulta salito in prossimità dello 0,60%. Ma l’aspetto più interessante per il breve periodo è dato dalla cedola netta effettiva ancora di tutto interesse. Il 4,50% annuo, se rapportato alla quotazione, per i neo-investitori equivale a più del 4,20%. Al netto dell’imposizione fiscale, scende al 3,70%. Si tratta di un livello superiore all’inflazione italiana attesa per il prossimo anno, in area 2,50% o anche meno.
Dicevamo, il BTp a 30 anni possiede una duration elevata, stimata a 16,85 in questi giorni. Nel caso in cui il rendimento scendesse oggi dell’1%, la quotazione s’impennerebbe di quasi il 17%. E quante probabilità ci sarebbero che ciò accadesse? Un rendimento trentennale più basso dell’1% rispetto ad oggi sarebbe in area 3,10%.
Rally BTp 2053 a 30 anni perlopiù alle spalle
In altre parole, il BTp 2053 a 30 anni difficilmente vedrà lievitare il prezzo così tanto nel medio termine, a meno chiaramente che le condizioni macroeconomiche non mutino in misura tale da giustificare tassi ancora più bassi nell’Eurozona. Per il momento, il grosso è fatto. Se lo spread con la Germania continuerà a stringere, ci sarebbe spazio a un’ulteriore riduzione/crescita dei rendimenti/prezzi anche a parità di condizioni macro.