“Good news is bad news” per i mercati finanziari. In effetti, non l’hanno preso bene il report sull’occupazione a luglio negli USA, pubblicato venerdì pomeriggio. I posti di lavoro creati sono stati 528.000, il doppio dei 258.000 previsti dagli analisti. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,5%, mentre i salari orari sono cresciuti dello 0,5% su giugno e del 5,2% su base annua. Gli investitori hanno reagito vendendo T-bond, azioni a Wall Street e deprimendo il cambio euro-dollaro. Quest’ultimo è arrivato a perdere lo 0,90% subito dopo la pubblicazione.
Infatti, il mercato ha subito dopo il report scontato nuovamente un rialzo dei tassi a settembre dello 0,75%. Fino a poco prima, scontava un +0,50%. E anche per la fine dell’anno le previsioni sono aumentate da 3,50% a 3,75%. In altre parole, la politica monetaria della FED sarà più restrittiva di quanto atteso nelle ultime settimane. Inevitabilmente il logoramento del cambio euro-dollaro, tornato ad avvicinarsi alla parità. La scorsa settimana, chiudeva a 1,0150.
Cambio euro-dollaro indebolito da divergenza monetaria
Se l’economia americana sembra andare meglio del temuto, nell’Eurozona lo spettro della recessione avanza. I dati sul PIL nel secondo trimestre sono stati positivi e migliori delle attese, ma la Germania arranca e gli indici manifatturieri e dei servizi a luglio hanno ripiegato nelle principali economie dell’area. Per quanto l’inflazione continui a galoppare anche qui, a 8,9% a luglio, la BCE presto potrebbe trovarsi costretta a fare i conti con un ripiegamento del PIL provocato tra l’altro dalla crisi energetica.
Lo stesso premier Mario Draghi ha parlato di “nubi all’orizzonte” per l’economia italiana, nei fatti riconoscendo la possibile crisi d’autunno. Il cambio euro-dollaro risente proprio di questo trend contrastante: l’America continua a sfoggiare un’incredibile forza, grazie alla solida domanda interna. L’Eurozona fin qui è andata meglio del previsto, ma la chiusura dei rubinetti del gas russo avrebbe effetti negativi sulla sua economia già in piena estate. La divergenza monetaria tende ad ampliarsi, anziché restringersi tra FED e BCE.