Appena due mesi fa si parlava sui mercati finanziari del crollo dello yen, che avrebbe contribuito a scatenare il tonfo delle borse mondiali a inizio agosto. Il cambio del Giappone contro il dollaro Usa era precipitato ai minimi dal 1986, ben 28 anni a questa parte. Adesso, viaggia sui massimi dell’anno, essendosi rafforzato di oltre il 13% da quei minimi. A metà settimana, scendeva a un rapporto di 140,90 dai 161,33 raggiunti a luglio. A rafforzarlo nelle ultime sedute sono state le parole del banchiere centrale Junko Nakagawa, secondo cui la Banca del Giappone continuerà ad alzare i tassi di interesse, malgrado il crollo dei mercati di un mese fa.
Yen più forte con aumento tassi
Nel marzo scorso, Tokyo aveva posto fine alla lunga era dei tassi negativi, alzando il costo del denaro allo 0,10%. In estate, lo ha rivisto ancora una volta in rialzo allo 0,25%. Sono percentuali infime per i livelli occidentali, ma i piccoli movimenti di questi mesi hanno già fatto rumore. L’istituto non aveva alcuna intenzione di procedere con la stretta monetaria. Ha dovuto vararla per arrestare proprio la debolezza del cambio in Giappone, la quale avrebbe rischiato di accelerare l’inflazione domestica tramite le importazioni.
Uno yen più forte conviene al Sol Levante, in quanto gli consente di ridurre i costi delle importazioni, attutendo così l’inflazione. Questa è ferma al 2,8% annuale da tre mesi. Considerate che nel frattempo è scesa al 2,2% nell’Eurozona e al 2,5% negli Stati Uniti. L’economia nipponica è abituata a cifre diametralmente opposte, vale a dire ad esibire tassi di crescita più lenti per i prezzi al consumo. Anzi, fino a qualche anno fa ha combattuto per un quarto di secolo contro la deflazione strisciante.
Si riduce distanza sui tassi
Il rafforzamento del cambio in Giappone si deve alle diverse prospettive sui tassi.
A parte gli interventi diretti dell’istituto sul mercato forex, c’è da dire che esso ha annunciato altresì il dimezzamento degli acquisti di bond sovrani da 6.000 a 3.000 miliardi di yen al mese (da circa 42,4 a 21,2 miliardi di dollari). Iniettando minore liquidità sui mercati, spera così di rallentare l’inflazione e al contempo di rafforzare il cambio in Giappone. Questo secondo obiettivo è stato parzialmente raggiunto, sebbene resti in calo di quasi il 28% rispetto ai livelli di inizio 2021, cioè nel pieno della pandemia.
Cambio in Giappone potrà rafforzarsi ancora
Quanto al rendimento del bond a 10 anni, si attestava allo 0,85% a metà settimana. A luglio era salito all’1,10%, superando la soglia massima consentita dell’1%. E’ il segno che i capitali starebbero tornando a casa, confortati dai maggiori rendimenti e volendo sfuggire all’indebolimento del dollaro. Il cambio in Giappone potrà continuare ad apprezzarsi fintantoché vi sarà convergenza monetaria tra Tokyo e Washington. La prima alzerà e la seconda abbasserà i tassi. I rendimenti americani scenderanno e quelli nipponici saranno lasciati maggiormente liberi di risalire.