Il governo Scholz in Germania ha varato un piano di 200 miliardi di euro per far fronte al caro bollette di famiglie e imprese. Entrato in vigore dal mese di ottobre, durerà fino al marzo del 2024. Nelle intenzioni del cancelliere, dovrebbe bastare per superare i prossimi due inverni. Esso prevede l’imposizione di un tetto nazionale al prezzo del gas per i consumi sussidiati di famiglie e piccole e medie imprese. Sopra una data soglia di consumi, i costi tornerebbero ad essere quelli di mercato.
Elezioni Bassa Sassonia, avanzano solo due partiti
Sarà stato forse anche a seguito di questi dati che il governo federale si è mosso, pur continuando ad osteggiare qualsiasi soluzione europea. Domenica scorsa, nella Bassa Sassonia si è votato per rinnovare il Parlamento regionale o Landtag. Ha vinto l’SPD di Olaf Scholz, ma perdendo circa il 3,5% rispetto alle scorse elezioni. Peggio, però, ha fatto la CDU all’opposizione con -5,4% e superando di poco il 28%. I liberali dell’FDP non otterranno seggi, essendosi fermati sotto la soglia di sbarramento del 5%. Bene i Verdi con il 14,6% (+5,9%) e gli euro-scettici dell’AfD al 10,9% (+4,7%).
Il caro bollette non ha impedito al principale partito di governo a Berlino di riportare una significativa vittoria per il soporifero cancelliere. Tuttavia, se oggi si andasse a votare in tutta la Germania, secondo i sondaggi proprio la sinistra tradizionale prenderebbe una scoppola storica. In effetti, la guerra sembra avere generato tendenze elettorali a cui porre molta attenzione per l’impatto che avrebbero sul resto d’Europa e su Bruxelles nei prossimi mesi.
Per i sondaggi, questa era la situazione del 24 febbraio scorso, data dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia:
- SPD: 26%
- CDU/CSU: 24%
- Verdi: 16%
- FDP: 10%
- AfD: 10%
- Linke: 6%
Il 5 ottobre scorso, invece, i dati risultavano così cambiati:
- CDU/CSU: 28% (+2%)
- SPD: 18% (-6%)
- Verdi: 19% (+3%)
- AfD: 15% (+5%)
- FDP: 8% (-2%)
- Linke: 5% (-1%)
Contraccolpi politici dal caro bollette
Gli unici due partiti ad avere guadagnato consensi sarebbero stati i Verdi da una parte e gli euro-scettici dell’AfD dall’altra.
D’altra parte, i Verdi si sono rafforzati. Ideologicamente non sono ascrivibili tout court alla sinistra, sebbene i loro elettori si sentano più a loro agio da quella parte. Il governo federale, sorretto da un’inedita maggioranza di tre partiti (SPD, Verdi e FDP) ne esce indebolito, perdendo 5 punti e, soprattutto, non offrendo alcuna prospettiva unitaria contro il caro bollette. Al di là del piano emergenziale, i liberali propendono per continuare a sfruttare l’energia nucleare; i Verdi non vanno oltre la concessione del ritardo di qualche mese nella chiusura delle ultime due centrali rimaste attive in Germania. E l’SPD sta lì nel mezzo senza una posizione chiara. E questa è stata una costante dalle dimissioni di Gerhard Schroeder nel 2005.
Nessuna soluzione europea in vista contro crisi energetica
Una Germania che si sposta lentamente a destra, pur con un governo federale di larghe intese e perlopiù di sinistra, significa una sola cosa per l’Europa: scordatevi una soluzione europea al caro bollette. I liberali pagarono nel 2013 con l’uscita dal Parlamento per la prima volta dal Secondo Dopoguerra, a causa dei salvataggi pubblici a favore di banche tedesche e di stati come Portogallo e Grecia negli anni precedenti.
Scholz sembra ostaggio del suo nulla ideale. E’ il cancelliere sbagliato nel momento sbagliato. Perlomeno Angela Merkel osò sfidare le ire dei suoi stessi uomini all’epoca dei salvataggi internazionali. Qui, siamo al paradosso di un partito che sarebbe propenso a una soluzione europea contro il caro bollette, ma che viene ignorato dal suo stesso segretario per l’impossibilità di mettere assieme istanze contrapposte all’interno della maggioranza al Bundestag. Insomma, la solita solfa di una sinistra nordeuropea che si riempie la bocca di europeismo fintantoché questo concetto si sposi bene con la tutela degli egoismi nazionali.