Scordatevi Claudia Schiffer, Naomi Campbell o la più recente Bar Refaeli. Gucci ha sparigliato le carte, facendo sfilare Armine Harutyunyan, giovane modella di 23 anni proveniente dall’Armenia e con tratti a dir poco non convenzionali per il mondo della moda. Sopracciglia folte, naso adunco e lineamenti del viso abbastanza lontani dai canoni tradizionali di bellezza. La ragazza è stata chiamata per la prima volta a sfilare dal direttore creativo Alessandro Michele Gucci nel 2019 per la collezione Primavera/Estate. Non vi allora fu tutto questo clamore, senonché nell’ultima settimana si fa un gran parlare di lei.
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E’ probabile che con qualche mese di ritardo siano diventate virali alcune sue foto, forse volutamente discutibili. Una è stata pubblicata sul suo profilo Instagram ed è stata scattata a giugno dinnanzi all’Altare della Patria a Roma. La ritrae con la mano destra alzata secondo quello che sembrerebbe essere un saluto romano o “fascista”. I dubbi verrebbero dissipati dalla scritta che accompagna l’immagine lungo i lineamenti destri del corpo, ossia “CESARE”.
La donna è stata oggetto di insulti numerosissimi, perlopiù per i tratti del suo viso. E’ qualcosa che in gergo si definisce “body shaming”, cioè la pratica di sottoporre una persona a umiliazione pubblica per alcune sue caratteristiche fisiche.
Critiche trasversali ad Armine
Fatto sta che la modella ha fatto andare in corto circuito detrattori e difensori. La suddivisione classica tra conservatori e progressisti è andata in frantumi, come vedremo. Da un lato, coloro che la ritengono estranea al mondo della moda e reclamano l’attinenza ai canoni di bellezza tradizionali. Dall’altro, quanti vedono in lei l’opportunità di innovare la moda stessa, sganciandola da una bellezza stereotipata e che discriminerebbe gran parte della popolazione “normale”.
Ma quel saluto all’apparenza fascista ha rimescolato le carte.
Questo è il marketing, bellezza. C’è ancora chi crede che davvero una casa di moda possa battersi sinceramente e con genuinità a favore delle rivendicazioni progressiste delle donne che per essa sfilano in passerella. La verità è semplice e molto banale: Gucci è riuscito in una trovata pubblicitaria, sfruttando il desiderio latente di parte dell’opinione pubblica di rottura degli schemi. Non c’è verosimilmente alcuna adesione ideologica improvvisata alle ragioni di una nuova bellezza non codificabile, né la volontà di portare alla ribalta la condizione di milioni di donne a disagio con il proprio corpo. E’ solo e solamente marketing, facciamocene una ragione.