Andare a caccia di rendimento, restare in Europa e assumersi rischi medio-bassi. Una formula apparentemente impossibile, specie di questi tempi. Ma allungando lo sguardo sull’Europa orientale, non possiamo ignorare i bond della Repubblica Ceca. Ieri, Praga è tornata sui mercati con l’emissione di titoli con scadenze 2031, 2032 e 2040. Ha raccolto in tutto 12,2 miliardi di corone, cioè poco più di 480 milioni di euro. La domanda è stata di oltre il doppio più alta. Grazie a questa operazione, il paese ha soddisfatto quasi i tre quarti del suo fabbisogno finanziario, tra debito in scadenza e deficit da finanziare.
Ci sono diverse buone notizie sul debito della Repubblica Ceca. La prima è che si presenta basso: al 38% del PIL nel 2020. Praticamente, è ai livelli della Svezia e tra i più bassi di tutta Europa. La seconda è che beneficia di alti rating: AA- per S&P e Fitch, Aa3 per Moody’s. Si tratta del quarto giudizio più alto per ciascuna delle suddette agenzie. In pratica, è ritenuto molto sicuro. La terza buona notizia riguarda la mentalità ceca. Il deficit nel 2020 è stato del 6% e quest’anno potrebbe salire in area 7%, a causa della pandemia. Tuttavia, le opposizioni e la banca centrale già stanno mettendo alle corde il governo, sostenendo che così si minaccia la reputazione sovrana.
Sui mercati quasi sorridono a questa percezione di sé alquanto peggiore della realtà. Il conservatorismo fiscale ceco risulta apprezzabile, se è vero che prima del Covid i conti pubblici avevano chiuso in attivo per quattro anni di fila. Ma i rendimenti sovrani sono lievitati quest’anno anche qui, in scia al trend globale. Ad esempio, il decennale oggi rende più dell’1,70% contro l’1,20% di inizio 2021. Ed è probabile che la banca centrale si trovi costretta ad alzare i tassi prima della BCE. Ad oggi, li tiene allo 0,25%, ma l’inflazione è già salita sopra il 3%.
Forse anche per questo, la corona ceca guadagna quest’anno il 3,3% contro l’euro. Ieri, scambiava a 25,39, ai livelli più forti da febbraio 2020. L’apprezzamento del cambio aiuta gli investitori stranieri a contenere le perdite sul fronte delle quotazioni obbligazionarie, magari arrivando più che a coprirle fino al tratto medio-lungo. Come dire che in portafoglio possiamo inserire bond relativamente sicuri, con rendimenti più alti di quelli italiani e con la speranza che il cambio giochi nel breve termine persino a favore.