Da oltre una settimana, la città di Shanghai è in lockdown per ordine delle autorità cinesi, preoccupate dalla peggiore ondata di contagi da Covid dall’inizio della pandemia. Nel fine settimana scorsa, il loro numero è esploso a una media superiore ai 25.000 casi giornalieri, seppure per la quasi totalità trattasi di asintomatici. Ma a Pechino su questo tema non si scherza, continuando a vigere la politica dei “contagi zero”, che si traduce sin dal gennaio 2020 nella totale assenza di tolleranza verso il Covid.
Il malcontento a Shanghai cresce, anche perché i genitori sono spesso separati dai figli per limitare la diffusione dei contagi. L’insofferenza verso la politica di Pechino sembra montare, ma almeno fino al prossimo autunno non se ne parla di ammorbidire le regole. Alla fine dell’anno, il presidente Xi Jinping otterrà formalmente il terzo mandato. Vuole evitare ad ogni costo che la pandemia gli rovini la celebrazione o possa anche solo lontanamente mettere in dubbio il rinnovo della carica.
Il lockdown a Shanghai sta avendo un impatto non marginale sui prezzi di alcune materie prime, tra cui il petrolio. Se un barile di Brent è sceso nelle ultime sedute da 110 a fin sotto 100 dollari, lo si deve in buona parte alle preoccupazioni degli investitori circa il rallentamento della seconda economia mondiale. Gli analisti non stanno scontando ancora alcun calo significativo nel tasso di crescita del PIL cinese per quest’anno. Resta il fatto che la metropoli che si affaccia sulla costa centrale dello sterminato paese sia un distretto dell’high tech.
Shanghai in lockodown colpisce consumatori e imprese d’Europa
La Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina ha stimato in -40% il calo delle esportazioni dal porto di Shanghai. E considerato che parliamo del primo al mondo in termini di container trasportati, l’impatto sarà avvertito molto presto nel Vecchio Continente. Già i colli di bottiglia e la carenza di chip avevano colpito duramente alcune industrie, automotive ed elettrodomestici in testa. Adesso, sarà ancora peggio. E tutto questo mentre l’economia europea viaggia su tassi d’inflazione verso l’8%.
E Shanghai rischia di essere la prima delle tante metropoli cinesi a rischio lockdown. Ad esempio, nella provincia di Wuhan, dove i primi casi di Covid nel mondo furono registrati a inizio 2020, a chi prende la metro è richiesto il tampone negativo. I casi galoppano anche nella città di Guangdong, centro manifatturiero, che teme di fare presto la fine di Shanghai. Restrizioni estese in Cina avrebbero due conseguenze economiche dirimenti: ridurrebbero la crescita del PIL cinese e aggraverebbero gli “shortages” in Occidente, con il serissimo rischio che questo torni in recessione.
Se non fosse per la guerra tra Russia e Ucraina, il lockdown a Shanghai sarebbe con ogni probabilità la prima notizia su giornali e TG. Il fatto che non lo sia, non rende la situazione meno grave. In effetti, proprio il mix tra recrudescenza della pandemia e contraccolpi dell’evento bellico nel cuore d’Europa alimenta i timori sulla crescita economica europea. Essa risulta già essere la più colpita per via della dipendenza energetica dal resto del mondo e delle numerose delocalizzazioni produttive in Cina negli ultimi decenni.