Il Movimento 5 Stelle non voterà il Dl Aiuti al Senato, oggi. La decisione dell’ex premier Giuseppe Conte è arrivata ieri dopo avere consultato i parlamentari “grillini”. Ne è seguita in serata una telefonata con il premier Mario Draghi, il quale ha espressamente fatto sapere che, in assenza dei voti dell’M5S, salirà al Quirinale per dimettersi. La crisi di governo si sta aprendo in una delle fasi più difficili della storia post-bellica italiana. Siamo nel bel mezzo di una guerra in Europa tra Russia e Ucraina, la quale ha accentuato la già alta inflazione seguita alla pandemia e rischia di mandare l’economia continentale in recessione.
Crisi di governo inevitabile
L’Italia ce la sta mettendo tutta per confermare i pregiudizi all’estero verso la politica italiana. E il governo Draghi non riuscirà facilmente a sopravvivere all’eventuale fuoriuscita del Movimento 5 Stelle dalla maggioranza. Avrebbe ancora una volta i numeri dalla sua, ma la politica è altro. Senza Conte, la maggioranza sarebbe sostanzialmente di centro-destra con l’appendice del PD. E ciò non andrebbe bene, in primis, allo stesso Enrico Letta, il quale non a caso nelle scorse ore ha avvertito Conte che si andrebbe dritti alle elezioni anticipate.
Secondariamente, la nuova maggioranza non più di unità nazionale metterebbe in seria difficoltà la Lega. Matteo Salvini si vedrebbe fatta concorrenza alla sua destra da Giorgia Meloni e alla sua sinistra da Conte, nel caso in cui anche quest’ultimo andasse all’opposizione. Infine, lo stesso Mario Draghi avrebbe difficoltà a muoversi su un terreno meno ecumenico di oggi. Dovrebbe dare molto più ascolto alle istanze di Forza Italia e Lega, ma finendo per irritare i democratici.
Elezioni anticipate non scontate
Il governo Draghi non avrebbe molte alternative alle dimissioni vere e proprie. Ma le elezioni anticipate non sono una certezza. Il presidente Sergio Mattarella non le gradisce, specie in una situazione di crisi come quella attuale. Probabilmente, rimanderà Draghi alle Camere. Tuttavia, emergerebbe in queste ore l’indisponibilità dell’interessato a ripresentarsi in Parlamento per chiedere nuovamente la fiducia. Due le ipotesi probabili, a questo punto: guidare il governo fino a settembre, magari il tempo di varare e approvare la legge di Stabilità per il 2023; lasciare le redini dell’esecutivo a una figura tecnica come il ministro dell’Economia, Daniele Franco, sempre il tempo per scrivere il nuovo bilancio.
Ma la politica italiana ci ha abituati a teatrini indecenti e scomposti. In questa legislatura, in maniera particolare. Può anche accadere che Conte riceva la telefonata del presidente Mattarella e che si convinca a votare la fiducia al governo Draghi nel caso in cui questi si ripresentasse alle Camere, magari inserendo nel suo nuovo “cronoprogramma” qualcuna delle richieste arrivate dal Movimento 5 Stelle, tra cui il salario minimo. Se così, perché mai gli altri partiti dovrebbero restare a guardare? Unica risposta logica: per tornare a casa il più tardi possibile. E’ questa la quintessenza della poraccitudine politica italiana.