Il guadagno con gli affitti brevi è davvero più alto rispetto alla classica locazione?

La scelta degli affitti brevi è quasi sempre l'opzione preferita dai proprietari di seconde case. Ma oggi, fra normativa labirintica, tasse e imposte, è ancora la più remunerativa?
1 anno fa
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affitti brevi

Il tormentone pre-estivo sulla presunta rivoluzione delle locazioni brevi aveva subito una botta d’arresto in giugno, con il ministro Santanchè impegnata in vicende giudiziarie private e l’Italia alle prese con l’inflazione galoppante e l’incubo della recessione. Insomma, c’era ben altro cui pensare.

Tuttavia, il tema è rimasto sempre di attualità, con il ministro Salvini che nei giorni scorsi è tornato sull’argomento in occasione dell’incontro con i rappresentanti di Aigab, ovvero le società di property management.

Si tratta di tutti quei soggetti che gestiscono più unità immobiliari conto terzi, occupandosi di tutta la trafila dell’affitto, dalla pubblicazione dell’annuncio all’accoglienza, fino alla riscossione del dovuto.

Ebbene, sembra che ora il governo sia deciso a stabilire regole chiare, tutelando i proprietari e “trovando un equilibrio ragionevole tra le esigenze generate da simili attività”.

L’obiettivo è quello di regolamentare l’arrivo di turisti in Italia nei prossimi anni, specie in città come Roma, Milano, Firenze e Venezia, dove tra l’altro le case in affitto per lunghi periodi scarseggiano, causando notevoli rincari delle locazioni.

Gli affitti brevi sono davvero così vantaggiosi?

Si tende generalmente a pensare che chi ha una casa in affitto goda di una rendita extra pari a uno stipendio o giù di lì. Questa idea ha scatenato, nell’immaginario collettivo, una fantasia lontana dalla realtà. Chi utilizza una seconda casa per affitti brevi non “campa senza fare niente”, perché non ha trovato il Bengodi.

II sistema porta il proprietario di casa, o il property management, a doversi districare, soprattutto all’inizio, tra complicati cunicoli burocratici, tra l’altro differenti da regione a regione.

Infatti si auspica da tempo una normativa nazionale, semplificata e immediata. Sarebbe molto più conveniente anche per favorire il pagamento di imposte e affini.

Come si abilita la propria casa alle locazioni brevi

Passiamo ai fatti: al momento per dedicare la propria abitazione ad affitti brevi bisogna registrare l’immobile sul portale regionale specifico e ottenere così il codice CIR (Codice Identificativo Regionale).

Questa procedura è diversa da regione a regione, perché ad esempio Lazio e Abruzzo richiedono la semplice registrazione, mentre la Sicilia impone la presentazione della documentazione di agibilità e di conformità degli impianti.

Una volta ottenuto il codice si passa all’iscrizione al software Ross1000, dove vanno inseriti i dati degli ospiti. Non è tutto. Purtroppo i sistemi tra loro non comunicano, quindi Ross1000 produce un file che va scaricato e inserito nel database del portale AlloggiatiWeb della Polizia di Stato.

Finito? No, perché la tassa di soggiorno va raccolta in contanti dagli ospiti, poi gestita attraverso i vari portali comunali (in alcuni casi bisogna effettuare bonifico e girare e-mail al comune).

Insomma, per chi vuole affittare in regola si prospetta davanti un dedalo normativo che sicuramente non rende il tutto così semplice e immediato come potrebbe sembrare.

Quanto si guadagna con gli le locazioni turistiche brevi?

Veniamo ora la nodo cruciale della questione. Gli affitti brevi presentano una rimuneratività estremamente variabile, a seconda della località, con introiti lordi nazionali di circa 17mila euro. I picchi si toccano a Roma e Milano con, rispettivamente, 39mila e 31mila euro annui, mentre nelle località di mare e montagna, ad utilizzo unicamente stagionale, si scende fino a 6mila euro annui.

Parliamo sempre di lordo, cui bisogna togliere le tasse (cedolare secca al 21% o Irpef), l’Imu, le utenze (luce, gas, internet, acqua), gli eventuali condominio, pulizie, biancheria, commissioni dei portali e gestione dei property management.

Quindi, a meno che non si tratti di una prima attività e si gestisca tutto in prima persona, il rendimento degli affitti brevi si attesta intorno al 4,1% (come riportato da uno studio di Scenari Immobiliari), contro il 4,3% garantito dalle classiche locazioni.

Perché scegliere gli affitti brevi?

Se la situazione è questa, perché comunque aumenta la tendenza ad affittare a breve termine? Molto semplicemente, perché a parità (o quasi) di rendimento finale, si è sicuri dell’incasso contro le morosità degli inquilini, la casa è sempre disponibile e utilizzabile nei buchi del calendario.

Insomma si ottiene la stessa rendita alla fine senza perdere mai il possesso della casa.

Soluzioni per una distribuzione eterogenea delle locazioni

Inizialmente la nascita degli affitti brevi aveva suscitato entusiasmo, in quanto visti come alternativa locale, accogliente e personalizzata al tradizionale hotel. L’attenzione degli host verso i dettagli e la pulizia era un valore aggiunto.

Poi, finita la fase embrionale e passionale, si è passati a quella puramente commerciale e l’host attento e premuroso è stato sostituito da agenzie di property management asettiche con cui ci si interfaccia virtualmente.

Capita l’antifona, molti proprietari hanno abbandonato le case dei centri storici più famosi per trasferirsi fuori, pagando magari l’affitto, ma ottenendo in controparte una rendita aggiuntiva. Senza troppe preoccupazioni.

Interi palazzi si sono trasformati in guest house, case vacanze e B&B, costringendo qui pochi rimasti a scegliere l’esodo forzato per evitare continue lamentele e discussioni, tra arrivi e partenze a ogni ora del giorno e della notte e ospiti maleducati.

Per tornare ad una sorta di normalità a poco davvero serve, anzi è nocivo, il provvedimento che impone almeno due notti di soggiorno nei centri storici per strutture non alberghiere. Si crea piuttosto un danno alle piccole attività e non si risolve alcunché.

Bisogna trovare il giusto equilibrio tra la presenza di persone fisse e turisti, per evitare che i centri storici diventino dei mega alberghi diffusi con ristoranti e bar senza più quell’anima che li ha resi così belli.

Ma per far tornare abitanti fissi è necessario spronare i proprietari di casa a preferire gli affitti lunghi, in primo luogo tutelandoli dalle morosità degli inquilini e poi proponendo agevolazioni su tari, Imu e soprattutto sulle imposte (magari con una riduzione della cedolare secca).

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