Il jihad europeo
Quel che è certo, è che forse bisognerebbe distinguere il jihad usato come strumento propagandistico dal terrorismo islamico, e quello europeo, un cancro che nasce direttamente nel vecchio continente, per poi partire alla volta delle zone calde e tornare con gli insegnamenti di una guerra con la quale non tutti i musulmani si trovano d’accordo. Il jihad europeo può dunque rispondere a un significato più strettamente caratterizzato da connotati politici, economici e sociali, scalzando di fatto quelli religiosi.
Un interessante intervento su
Le Monde di
Olivier Roy, politologo specializzato nella cultura e nella storia dell’Islam e insegnate all’Istituto universitario europeo di Firenze, cerca di approfondire il fenomeno del jihad europeo, definendolo strettamente una
rivolta generazionale e nichilista. Roy si domanda contro chi e cosa la Francia sia in guerra:
Daesh non invia siriani ad attaccare la Francia come risposta ai bombardamenti subiti, ma si serve di giovani francesi – dunque già presenti in territorio – allenandoli in Medio Oriente e rispedendoli in Europa per rispondere alla loro missione. Il profilo ideale del jihadista europeo corrisponde a un
giovane in conflitto con l’Occidente e i suoi valori, spesso emarginato, ghettizzato e recluso, o che comunque non si riconosce né si identifica con i valori del Paese in cui vive, e che cerca una grande causa sulla quale sfogare le proprie pulsioni rivoltose.