Il Movimento 5 Stelle ora lavora al salario minimo di 9 euro l’ora, una bomba per l’economia

Il Movimento 5 Stelle propone di fissare per legge i salari a non meno di 9 euro l'ora. Vediamo perché sarebbe un disastro annunciato per il mercato del lavoro in Italia.
6 anni fa
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Prima firmataria la senatrice del Movimento 5 Stelle, Nunzia Catalfo. La proposta di legge presentata a Palazzo Madama riguarda l’introduzione anche in Italia del salario minimo legale. Nelle intenzioni della parlamentare pentastellata, l’entità non dovrebbe mai essere inferiore a quella fissata dai principali contratti collettivi nazionali e, in ogni caso, ai 9 euro l’ora. Obiettivo: lottare contro la povertà a più ampio raggio rispetto alla risposta sinora esitata con il varo del reddito di cittadinanza. Catalfo fa presente come il 12% dei lavoratori percepisca una retribuzione inferiore ai minimi contrattuali collettivi e come i bassi salari rischino di condannare alla povertà tra 30 anni circa 6 milioni di giovani italiani, i quali percepirebbero anche durante la vecchiaia pensioni inadeguatamente basse.

La misura riguarderebbe ogni rapporto di lavoro subordinato e para-subordinato.

Senza girarci attorno, il governo rischia di sganciare una bomba sull’economia italiana. Stando alla senatrice, il tema sarebbe contemplato nel contratto stipulato nel 2018 tra M5S e Lega, per cui farebbe parte del programma di governo. Molto probabile, però, che il Carroccio la pensi assai diversamente, anche perché dopo il reddito di cittadinanza, assai difficile che Matteo Salvini possa permettersi di ingoiare un altro rospo e ancora più amaro del precedente. Il suo resta il partito delle partite IVA, principale riferimento per quel nord produttivo, affollato da piccole e medie imprese tenaci, combattive e spesso resilienti a ogni crisi, per quanto colpite da una pressione fiscale e burocratica con pochi eguali al mondo.

Il salario minimo legale è una bestialità in sé per uno stato, dove il tasso di occupazione giace cronicamente a livelli bassissimi e in cui la percentuale dei disoccupati resta a doppia cifra. La Germania lo ha introdotto a partire dal 2017, rientrando nel contratto di governo stipulato dai due partiti della Grosse Koalition del 2013, su pressione dei socialdemocratici dell’SPD.

Alla cancelliera Angela Merkel e al suo partito è costato tanto consenso, se è vero che l’Unione cristiano-democratica sia scesa dal 41% al 33% in 4 anni. E dire che l’introduzione è avvenuta con modalità soft, prevedendo 8,50 euro l’ora* come minimo contrattuale per i lavoratori. Ma stiamo parlando di un’economia in piena occupazione, dove lavorano quasi 76 persone su 100 tra i 15 e i 64 anni, contro i 58 dell’Italia, nonché in cui le persone alla ricerca di lavoro sono appena poco più di 3 su 100 occupati, quando in Italia restano sopra 10.

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E andando avanti nel confronto, scopriamo che persino la struttura produttiva renderebbe in Germania più sostenibile il salario minimo legale, se è vero che essa risulti caratterizzata da grosse realtà industriali e tecnologicamente avanzate, contrariamente all’Italia, in cui dicevamo essere diffusa, soprattutto, la piccola e micro-impresa e la produzione si concentra perlopiù su manufatti a basso valore aggiunto, ossia anche a basso contenuto tecnologico, facendo uso più intensivo di manodopera poco qualificata. Da qui, la differenza tra retribuzioni medie tedesche e quelle italiane. Se nemmeno la Germania ha un salario minimo per legge di 9 euro l’ora, pensate che l’Italia possa mai permetterselo?

Facciamo una premessa: esso esiste in ben 22 stati UE su 28, sebbene le differenze siano profonde da realtà a realtà. Lo scorso anno, Il Sole 24 Ore censiva una paga minima fissata per legge in 235,20 euro al mese in Bulgaria, arrivando ai 1.998,60 euro del Lussemburgo. Tenendo conto che in un mese con contratto full-time si lavori mediamente oltre 175 ore, si trova che il salario minimo legale varia dagli 1,35 euro della Bulgaria ai circa 11,35 del Lussemburgo, passando per i già citati 8,50 in Germania e gli 8,40 della Francia. In Spagna, dove le retribuzioni presentano condizioni assai simili a quelle dell’Italia, non si va oltre i 4,70 euro.

Dunque, i 9 euro l’ora ipotizzati dall’M5S ci collocherebbero dietro solo al piccolo stato del Lussemburgo e ci sarebbe tutt’altro che da gioire. Il fatto che lo stato fissasse per legge salari a livelli medio-alti, non implicherebbe anche che l’economia li sosterrebbe.

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Il salario minimo orario a 9 euro colpirebbe le imprese

In Italia, un simile livello retributivo minimo equivarrebbe ad uccidere le piccole e medie imprese, spingendole o alla chiusura in molti casi, oppure all’assunzione in nero. Al sud, dove la debolezza della struttura produttiva si coniuga spesso con la piaga del sommerso, avrebbe effetti ancora più devastanti, dati anche i più bassi salari di partenza medi vigenti rispetto al centro-nord. A rischio, in particolare, vi sarebbero i lavori poco qualificati e quelli ricoperti dai giovani, i quali notoriamente percepiscono buste paga più basse dei loro colleghi più anziani. Infine, rischia di appiattire ulteriormente i salari, spingendo in alto quelli più bassi, avvicinandoli a quelli maggiori, finendo per disincentivare la specializzazione e i gradi superiori di istruzione, teoricamente legati a prospettive di stipendio più favorevoli. E già oggi l’Italia vanta numeri tristemente bassi di laureati e salari poco diversificati tra i vari livelli, oltre che tra le categorie. Anziché rispondere alle esigenze segnalate dal mercato del lavoro, si aggraverebbero i problemi. E cosa ancora più importante, nessuna economia può tollerare rigidità maggiori con un sotto-utilizzo delle proprie risorse, a partire dal lavoro. Non puoi pretendere di aumentare gli stipendi, mentre la manodopera in eccesso supera ancora le 2,5 milioni di unità su un totale di appena 23 milioni di occupati, i quali risultano circa 4 milioni in meno rispetto a quanti dovrebbero essere secondo la media europea.

La mentalità grave e agghiacciante che si cela dietro a questi numeri consiste nel pensare che siano le leggi a creare lavoro e, addirittura, a fissarne i salari.

Per non parlare delle difficoltà applicative per il mondo dei para-subordinati, i quali formalmente non sono legati a un preciso orario di lavoro giornaliero o settimanale, bensì a obiettivi da raggiungere. Come si potrebbe, in quel caso, fissare una retribuzione minima? Se il reddito di cittadinanza rischia di avere già provocato danni al mercato del lavoro sul lato dell’offerta, cioè della propensione alla ricerca reale di un’occupazione, il salario minimo legale, specie se fissato ai livelli spropositati paventati dai 5 Stelle, completerebbe l’opera di distruzione della nostra economia. E contrariamente al reddito di cittadinanza, una simile proposta rischia di passare più agevolmente tra l’opinione pubblica, sostenuta in campagna elettorale dal PD e sposata un anno fa dal presidente dell’Inps, Tito Boeri. Non potrebbe che trovare d’accordo pure i sindacati. Che non sia una boutade per giustificare la rottura con Salvini e/o ritagliarsi uno spazio elettorale proprio in vista delle europee di maggio?

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Dovremmo solo sperare che, stavolta, calcoli elettorali o meno, Salvini contrapponga le ragioni del suo elettorato, che sul punto coinciderebbero con quelle dell’economia italiana. Se la maggioranza ambisce a migliorare le condizioni economiche dei lavoratori, creino le premesse di sviluppo per le aree più deboli e favoriscano la creazione di posti di lavoro con l’abbattimento delle tasse e della burocrazia. Sono le imprese che creano lavoro ed è la relativa carenza di manodopera a spingere verso l’alto i salari. Se non si capisce questo, non resta che provare per credere. Peccato che il test finirebbe per provare un’economia già allo stremo da un decennio già perduto con la crisi esplosa nell’ormai lontano 2008.

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*Il salario orario minimo legale in Germania risulta elevato dall’1 gennaio di quest’anno a 9,19 euro l’ora e dall’anno prossimo salirà ancora a 9,37 euro.

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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