I mercati obbligazionari sono stati travolti dalla reflazione. Ieri, il Treasury a 10 anni è esploso a un rendimento dell’1,55%, salvo successivamente scendere all’1,46%. A inizio anno, offriva ancora lo 0,90%. Nel giro di neppure due mesi, il decennale americano ha visto schizzare il suo rendimento dello 0,65%, praticamente più del 70% del suo livello di inizio 2021. Gli investitori stanno scontando la ripresa dell’inflazione, fenomeno che sta riguardando un po’ tutte le principali economie mondiali. L’Eurozona è passata dal -0,3% di dicembre allo 0,9% di gennaio.
Il mercato dei prestiti non può chiaramente rimanere indenne. Quest’anno, l’IRS a 20 anni debuttava al -0,02%. L’altro ieri, era risalito allo 0,42%: +0,44% in meno di due mesi. Per fortuna, l’Euribor si mostra molto più stabile lungo la curva da 1 a 12 mesi. Quello a 1 mese è passato dal -0,57% di inizio gennaio al -0,55% di questo giovedì, una variazione di appena 2 punti base, nei fatti non significativa. Ne consegue che i mutui a tasso fisso stanno diventando relativamente meno convenienti dei mutui a tasso variabile e con una velocità impressionante. E questa è una notizia grossa, dato che ormai le famiglie italiane optano per questa soluzione in 9 casi su 10.
Come sappiamo, i mutui a tasso variabile sono agganciati quasi sempre all’Euribor, perlopiù alle scadenze di 1 e 3 mesi. I mutui a tasso fisso si agganciano, invece, all’Eurirs o IRS alle varie scadenze. Supponiamo che all’inizio di quest’anno abbiamo contratto un mutuo di 100.000 euro per 20 anni e a tasso fisso. A distanza di poche settimane, se le banche avessero tenuto gli spread invariati e si fossero adeguate istantaneamente ai nuovi tassi, la rata mensile ne risulterebbe lievitata per i nuovi contratti di quasi 20 euro, per l’esattezza di 19,90 euro.
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Cosa accadrà nei prossimi mesi?
Facciamo chiarezza: le banche non adeguano i contratti a questa velocità. Infatti, consapevoli che le condizioni del mercato tendano a variare più in fretta, impongono sui tassi di base spread più o meno significativi, capaci di assorbire eventuali ribassi repentini dei tassi. Tuttavia, la tendenza incide nel medio termine e ci fa capire quale sia l’evoluzione in corso. Farsi prestare denaro da una banca sta diventando più costoso. La domanda adesso diventa un’altra: perché l’Euribor non risale con la stessa velocità?
Per rispondere, dobbiamo capire cosa sia l’Euribor. Esso esprime il tasso medio a cui le banche nell’Eurozona si prestano denaro per operazioni di breve termine. Se vogliamo, esso riflette sostanzialmente l’andamento dei rendimenti sovrani “core” nell’area, cioè del Bund. Ora, le brevi scadenze non stanno venendo toccate per il momento dal rialzo dei rendimenti, in quanto il mercato sta vendendo quasi esclusivamente titoli a lungo termine. Questi infliggono le maggiori perdite nel caso di reflazione, a causa della loro elevata “duration”. Pertanto, chi li aveva inseriti in portafoglio nei mesi bui della pandemia, in queste settimane cerca di disfarsene per contenere il danno, in previsione di una pur minima normalizzazione monetaria futura. Dovete solo pensare che il Bund a 30 anni è passato dal -0,25% di dicembre fino al +0,25% di questi ultimi giorni, offrendo mezzo punto percentuale in più in appena due mesi.
Quanto sopra spiegato non implica anche che l’evoluzione futura dei tassi continuerà a premiare i mutui a tasso variabile e a punire solamente quelli a tasso fisso.
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