Ormai, 9 mutui su 10 vengono erogati a tasso fisso. Un fenomeno, a dire il vero, che va avanti da quasi 5 anni, cioè da quando gli italiani iniziarono ad intuire che gli interessi sui prestiti fossero scesi a livelli così bassi da risultare incomprimibili. Invece, negli ultimi anni i tassi di mercato non hanno fatto che scendere ulteriormente, diventando negativi fino alle lunghe scadenze. Volendo essere sinceri, la maxi-corsa alla surroga del mutuo dal variabile al fisso sin dai primi del 2016 non ha esitato alcuna convenienza per le famiglie, perché la discesa costante dei tassi li ha privati della possibilità di continuare a risparmiare per ancora diversi anni sulla rata mensile.
Viene da chiedersi se abbia senso che oggi, mentre la BCE prospetta tassi bassi per anni con questa pandemia che ha devastato l’economia dell’Eurozona, le famiglie scelgano quasi esclusivamente di contrarre mutui a tasso fisso. Una risposta ce la fornisce questo dato dell’Osservatorio di MutuiSupermarket: un mutuo a 20 anni di 140 mila euro su un immobile del valore di 220 mila costa lo 0,40% con il tasso fisso e lo 0,30% con il tasso variabile. La differenza tra le due tipologie, insomma, è diventata risibile. Sarebbe come se al costo di un caffè al mese ti chiedessero di volerti assicurare contro un qualche evento economico avverso. Accetteresti subito per mettere in salvo le tue finanze.
Sospensione rate mutuo con emergenza Coronavirus: attenzione a valutare la convenienza
Lo “spread” tra fisso e variabile è stato storicamente elevato in Italia. Nel 2015, quando già i tassi erano bassi, si aggirava intorno ai 90 punti base, mentre a fine 2010 era di ben 200. E prima della crisi finanziaria del 2008-’09, quando un mutuo a 20 anni comportava il pagamento di un tasso fisso medio del 7%, arrivava anche a 300. In altri termini, allora valeva la pena rischiare, perché a fronte di una rata mutevole in base alle condizioni di mercato, il risparmio mensile era cospicuo, visibile.
OK, la scelta è giusta
In effetti, la pandemia ha inasprito una situazione già di per sé di tendenziale avvicinamento tra le due tipologie di prestito. A inizio anno, ad esempio, l’Euribor a 3 mesi risultava del -0,38% e l’IRS a 20 anni dello 0,55%. Oggi, il primo è sceso al -0,51%, il secondo allo 0,03%. Il calo è stato rispettivamente di 13 punti base per il primo e di 52 per il secondo. In soldoni, il tasso fisso ha quadruplicato la discesa del variabile. Ricordiamo che l’Euribor capta i tassi di mercato a cui sono legati i mutui a tassi variabile (non tutti), mentre l’IRS o Eurirs è il tasso interbancario a cui si legano i mutui a tasso fisso.
Sembra, cioè, che gli italiani stiano azzeccando la scelta, pur tacciati spesso di essere digiuni di finanza. E’ probabile che le stesse banche li indirizzino verso la soluzione a tasso fisso, per un motivo semplice: molte di esse oramai usano il mutuo quale “esca” per attirare a sé un cliente per decenni, offrendogli successivamente altri prodotti d’investimento ben più remunerativi. Inoltre, vogliono anche evitare di dover surrogare il mutuo al mutare delle condizioni di mercato, perché ciò rappresenta per loro una perdita di tempo e di energie. Meglio accontentarsi di guadagni appena inferiori, ma stabili e più certi nel corso degli anni.
A conti fatti, la maggiore discesa di quest’anno dell’IRS a 20 anni rispetto al’Euribor a 3 mesi incide su un mutuo da 100.000 euro per 17 euro al mese, cioè per circa 4.120 nell’arco del ventennio ipotizzato. Questo, però, accadrebbe a patto che le banche non abbiano ritoccato i famosi spread, ossia il margine che applicano ai tassi di base per allestire il tasso finale. E spesso agiscono su di esso per ammortizzare almeno parte delle perdite.
Ho un mutuo a tasso variabile, devo temere qualcosa con il Coronavirus e lo spread?