CDU in calo, SPD pure e Verdi in crescita. Possiamo riassumere così l’esito delle elezioni regionali di ieri in Germania, dove si è votato per rinnovare il Landtag in Baden-Wuerttemberg e nella Renania-Palatinato. Il partito della cancelliera Angela Merkel è arretrato rispettivamente del 2,9% e del 4,1%, mentre gli alleati socialdemocratici nel governo federale sono scesi dell’1,7% nel primo e dello 0,5% nel secondo. Al contrario, gli ambientalisti segnano +2,3% e +4%, consolidando il primato nel Baden-Wuerrtemberg, dove hanno riscosso ben il 32,6% dei consensi, nettamente davanti al 24,1% dei cristiano-democratici.
Il calo per il centro-destra era nell’aria. Il partito della cancelliera è nella bufera per uno scandalo di corruzione legato all’esportazione di mascherine anti-Covid nell’Azerbaijan e che sta riguardando due suoi esponenti. Ma a non convincere sembrerebbe anche la leadership di Armin Laschet, governatore del NordReno-Vestfalia, che ha ereditato un partito diviso dopo le dimissioni di Annegret Kramp-Karrenbauer a poco più di un anno dalla sua elezione alla segreteria. Quando mancano sei mesi alle prime elezioni federali senza Frau Merkel alla guida della coalizione, i conservatori appaiono allo sbando.
Quello di ieri è stato un test locale con risvolti potenziali enormi per la politica nazionale e, di riflesso, per quella europea. Non solo la CDU perde quasi certamente la guida del Baden-Wuerrtemberg, ma con ogni probabilità si vedrà messa all’angolo in entrambi i parlamenti regionali per effetto dell’alleanza tra SPD, Verdi e liberali della FDP. E’ quella che viene definita nel gergo tedesco la “coalizione semaforo”, dalla combinazione dei tre colori dei partiti: rosso, verde e giallo. Un esperimento già avutosi nel Parlamento uscente della Renania-Palatinato e che rischia a settembre di vedere i conservatori conquistare il primo posto per la quinta volta consecutiva, ma perdendo la cancelleria e tornando all’opposizione dopo 16 anni.
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Ad oggi, però, sommando i voti dei tre suddetti partiti, stando ai sondaggi non si raggiungerebbe alcuna maggioranza assoluta al Bundestag.
Se c’è una ripercussione immediata del voto di ieri, questo ha a che fare con la Commissione europea e, in particolare, con la controversa presidente Ursula von der Leyen, nel mirino di governi e media per la sua comprovata incapacità di gestire con efficacia la campagna vaccinale nella UE. Vicinissima alla cancelliera, a difenderne l’operato non resterebbe sostanzialmente quasi nessuno nel caso in cui la CDU perdesse il governo federale. E già oggi l’indebolimento politico dei conservatori la rende un obiettivo più immediato per i detrattori nell’Europarlamento, tra cui gli stessi socialdemocratici tedeschi.
Da qui alle elezioni federali, però, la CDU-CSU cercherà di non subire ulteriori colpi dalla BCE di Christine Lagarde. La rabbia per i tassi negativi e la paura per l’inflazione tra i tedeschi sono sentimenti diffusi e di cui il partito della cancelliera deve farsi interprete per evitare una debacle nazionale a settembre. Questo scenario ci spinge a ritenere che la Bundesbank si farà portavoce di queste esigenze “politiche”, alzando la voce e organizzando in maniera più efficace la sua opposizione nel board contro possibili nuovi stimoli monetari e per accorciarne la durata a quelli sin qui varati. Politica monetaria “congelata”, insomma, mentre Ursula non potrà permettersi un nuovo passo falso se non vorrà pagarne il prezzo anche prima delle prossime elezioni federali.
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