Seduta particolarmente negativa per le quotazioni dell’oro, che perdendo il 4,6% stamane scende a 1.073 dollari l’oncia, il valore più basso dagli inizi del 2010. Sembrano lontani i massimi storici di quasi 4 anni fa, quando il prezzo del metallo oltrepassò i 1.920 dollari. Su base annua è arrivato a registrare così un calo di circa il 18%, mentre rispetto all’inizio del 2015 ha già perso quasi il 10%. Al momento tratta sui 1.115 dollari per un’oncia.
Bassa inflazione
Diverse le ragioni di questo tonfo. Per prima cosa, non esisterebbe, almeno in teoria, alcuna ragione fondamentale per acquistare oro in questa fase.
Super-dollaro e tassi USA
Secondariamente, il fattore super-dollaro. Il Wall Street Dollar Index, che segnala le variazioni ponderate del cambio tra il biglietto verde e le altre divise, ci dice che esso si è apprezzato del 18,5% su base annua e del 6% dall’inizio dell’anno. Un dollaro più forte rende più caro il prezzo dell’oro per gli acquirenti non americani, perché esso è quotato nella divisa USA. Le prospettive, da questo punto di vista, non sarebbero affatto positive per il metallo, dato che l’attesa di un prossimo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve rafforzerebbe ulteriormente il biglietto verde, a discapito delle quotazioni auree.
Domanda in calo in Cina e India
Complessivamente, poi, starebbe rallentando la domanda, inclusa quella istituzionale. Cina e India sono i due maggiori consumatori di oro nel mondo. Come abbiamo detto, l’economia indiana si sta disinflazionando, tanto che il governo del premier Narendra Modi ha potuto eliminare le restrizioni alle importazioni, che il suo precedessore aveva introdotto nel 2013 per frenare la corsa al metallo. Per quanto gli indiani restino attaccatissimi all’oro, anche per via delle festività a sfondo religioso, viene meno rispetto al passato il bisogno di acquistarlo per proteggersi dal boom dei prezzi. APPROFONDISCI – Il prezzo dell’oro tornerà a salire dopo le novità dall’India? In Cina, la stessa domanda istituzionale sarebbe bassa, come suggerisce l’aggiornamento dei dati sulle riserve da parte della banca centrale dopo ben 6 anni. Esse ammonterebbero ora a 1.658 tonnellate, il 57% in più di quelle dell’aprile 2009 (ultimo dato precedente disponibile), ma molto meno delle attese. Bloomberg era arrivato a ipotizzare anche il raggiungimento delle 5.000 tonnellate. APPROFONDISCI – La Cina svela le sue riserve di oro, ma il dato delude e non convince
Rischio Grexit evitato e accordo nucleare Iran raggiunto
Stamattina, ad avere scatenato le vendite era stata la voce che un importante fondo abbia iniziato ad alleggerire le posizioni sul metallo Ha concorso anche la rottura dei livelli di supporto dei prezzi, così come negli ultimi giorni non sono passati inosservati né l’evitata uscita della Grecia dall’euro, né tanto meno l’accordo nucleare delle principali potenze con l’Iran. Entrambi questi fatti hanno sgonfiato in pochi giorni i timori che gli investitori avevano maggiormente nutrito sulla stabilità finanziaria e politica del pianeta, anche se nemmeno tali rischi non avevano smosso il mercato dell’oro.
Crollo di Shanghai trascina giù prezzi materie prime
Non possiamo, poi, non citare il crollo della Borsa di Shanghai tra i fattori di crisi delle quotazioni. Le perdite a carico degli investitori per lo più cinesi, che in 3 settimane sono arrivati a perdere 3.500 miliardi di dollari, danno un colpo alla liquidità disponibile per gli investimenti nelle commodities. Al momento, il Bloomberg Commodity Index segnala che i prezzi delle materie prime si dirigono verso il livello più basso degli ultimi 13 anni, per cui il fenomeno non riguarda solo l’oro. Si pensi al petrolio, che dopo il rimbalzo della prima parte dell’anno, da un paio di mesi vede le quotazioni tornare a contrarsi sotto i 60 dollari per il Brent e sotto i 55 dollari per il Wti.
Equilibrio mercato oro?
La domanda è: a questi prezzi, il mercato dell’oro è in equilibrio? Si consideri che il solo Sud Africa estrae il 15% e che si annuncia uno sciopero dei minatori, che potrebbe rallentare l’offerta disponibile, che a livello globale si attesta mediamente sulle 2.500 tonnellate. Inoltre, si stima che sotto i 1.100 dollari, l’estrazione dell’oro inizia a diventare poco o nulla remunerativo, per cui nessuna compagnia produrrebbe sotto-costo. Questo non significa che, come già visto per il petrolio, le quotazioni non possano scendere momentaneamente anche al di sotto del prezzo minimo necessario per coprire i costi. Si parla già di un floor sui 1.050 dollari, magari seguito da un rimbalzo sopra i 1.100 dollari. APPROFONDISCI – Quotazioni dell’oro a 1.350 dollari l’oncia a fine anno? Andiamoci piano