Malgrado alcune piogge nel Nord Italia, le scarse precipitazioni durante la stagione invernale rischiano di provocare in estate una carenza idrica in molte regioni. I governatori stanno iniziando a varare piani per il razionamento dei consumi di acqua, un fatto che impatterebbe in maniera terribile sulle vite dei cittadini. C’entrano certamente i cambiamenti climatici in corso nel pianeta. Il riscaldamento globale innalza le temperature e crea problemi di siccità in molte aree già poco ricche di acqua, ma arrivando a minacciare anche l’emisfero settentrionale.
Consumi di acqua in Italia
Iniziamo col dire che noi italiani siamo i terzi consumatori di acqua potabile al mondo dopo Stati Uniti e Canada. I nostri consumi pro-capite giornalieri si attestano mediamente sui 220 litri. Ma esistono grosse differenze tra città e città sulla base dell’abbondanza di precipitazioni o meno. Ad esempio, nelle aree in cui piove poco è più frequente ricorrere al lavaggio dell’auto manualmente, così come ad innaffiare piante, giardini e terreni. E tutto ciò incrementa i consumi.
Ma il rischio di carenza idrica in Italia non dipende certamente dai consumi, bensì dalla scarsa offerta. E non perché piova poco. Tutt’altro. L’Italia è uno dei paesi europei con le più alte precipitazioni, circa 300 miliardi di metri cubi ogni anno. Il problema è che solamente per 58 miliardi di metri cubi quest’acqua si rende disponibile, perlopiù attraverso superfici come laghi e fiumi. Mancano sistemi di raccolta adeguati, come stanno accorgendosi in queste settimane gli stessi governatori del Nord.
E c’è anche di peggio. La rete idrica è un colabrodo. Si stima che almeno il 40% dell’acqua venga dispersa a causa della tubazione rotta e delle conseguenti perdite generate. In alcune aree urbane, tuttavia, questa percentuale può arrivare a sfiorare il 100%. In pratica, l’acqua ci sarebbe in abbondanza per tutti, semplicemente non viene raccolta a sufficienza e si disperde per la gran parte.
Carenza idrica e PNRR, occasione perduta?
Il PNRR sarebbe l’occasione perfetta per rimediare al rischio di carenza idrica in maniera definitiva. Prestiti e sussidi europei potrebbero essere investiti per migliorare la rete idrica e al contempo per potenziare i sistemi di raccolta dell’acqua piovana. Invece, per questa voce sono stati stanziati dal governo italiano appena 4,8 miliardi di euro, quando Utilitalia, che raggruppa le società che gestiscono le risorse idriche, stima in almeno tre volte tanto il fabbisogno.
Si tratta di una crisi autoinflitta. Decenni di sotto-investimenti e noncuranza del problema hanno trasformato paradossalmente un paese ricco di acqua in un territorio a rischio siccità. Nel 2011, il famoso referendum contro la privatizzazione della gestione idrica fu seguito, come sempre capita nel nostro Paese, dall’oblio sul tema. I favorevoli all’ingresso dei privati notarono come servisse almeno un centinaio di miliardi di euro da investire per ammodernare la rete idrica. I contrari ribatterono che lo stato si sarebbe accollato il costo di tali investimenti. Semplicemente, non è accaduto. Fingere che un problema non esista finché non esploda sotto i nostri occhi è lo sport nazionale preferito dalla politica italiana. Che adesso guarda in cielo con la speranza che goccioli un po’ per continuare a calciare il barattolo.