Il risiko delle pensioni: ecco le prossime mosse e chi pagherà la posta in gioco

Tutto ancora in alto mare per una vera e propria riforma pensioni, rinviata al 2022. Tutti la vogliono, ma in pochi ci sperano.
3 anni fa
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Regna ancora l’incertezza sulle pensioni future degli italiani. Il governo non è disposto a concedere altre uscite anticipate dopo la fine di quota 100. Intanto i sindacati proclamano lo sciopero generale contro la manovra finanziaria, ma la legge di bilancio è ormai in dirittura d’arrivo.

Al momento, di certo, si sa che solo quota 100 terminerà alla fine del 2021 e quindi dal 2022 lasciare il lavoro a 62 anni con 38 di contributi (quota 100) non si potrà più. Al suo posto arriva quota 102, come timida riforma pensioni di breve respiro.

Risiko pensioni, poche certezze per il 2022

Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi)  sembra certa, ma è un viatico di breve durata, solo 12 mesi. Accontenterà poche migliaia di lavoratori, 16.800 secondo le stime del governo e che riguardano sostanzialmente le pensioni dei nati alla fine degli anni 50.

Per il resto, sarà confermata l’uscita anticipata per le donne (Opzione Donna) e Ape Sociale allargata a più lavoratori usuranti. Gli operai edili potranno anche andare in pensione dopo 30 anni di lavoro. Ma nulla di più.

Per tutti gli altri, ci sarà il ritorno alle regole della Fornero, cioè in pensione a 67 anni o con 42 anni e 10 mesi (12 mesi in meno per le donne) indipendentemente dall’età. Nel 2022 poi si discuterà di una più ampia riforma delle pensioni. Ma i dubbi che tutto resti così com’è sono molti.

Fine delle uscite anticipate

Quindi, cosa potrebbe cambiare dal 2023? Tutto e niente. Il tavolo negoziale governo-sindacati che doveva partire a dicembre e concludersi a marzo si è arenato con la proclamazione dello sciopero generale. A febbraio, poi, ci sarà l’elezione del nuovo Capo dello Stato col rischio di un vuoto istituzionale ed elezioni anticipate se Draghi lasciasse palazzo Chigi per il Quirinale.

A parte ciò, le idee per approntare una riforma pensioni strutturale non mancano. Ma oggi più di ieri bisogna fare i conti con le esigenze di bilancio.

Il governo vorrebbe anticipare l’entrata a regime del sistema contributivo puro per tutti, previsto per il 2035. Consentendo allo stesso tempo l’uscita anticipata dal lavoro anche a 62 anni.

Diversamente, l’unica opzione attuabile per non sforare i tetti di spesa sarebbe quella proposta dall’Inps per una pensione a rate a partire da 63 anni di età. C’è poi la possibilità di mandare tutti in pensione a 64 anni con il solo sistema di calcolo contributivo e almeno 20 anni di versamenti. Misura che già esiste ma è riservata ai soli lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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