Il governo Draghi naviga in cattive acque, come dimostrano le votazioni al decreto Milleproroghe in Parlamento. Nella notte di ieri, l’esecutivo è andato sotto per ben quattro volte e su temi importanti come ex Ilva, scuola e tetto ai pagamenti in contanti. In commissione Bilancio alla Camera, Forza Italia e Lega hanno votato assieme a Fratelli d’Italia per alzare nuovamente il limite per pagare cash a 2.000 euro contro il parere contrario del governo. Per un solo voto, il centro-destra l’ha spuntata e così per il resto del 2022 si potrà continuare ad effettuare pagamenti in contanti fino a 1.999,99 euro.
La materia è diventata quasi una barzelletta, pur essendo seria. Con il decreto “Salva Italia” del 2011, il governo Monti fissò il limite dei 1.000 euro per i pagamenti in contanti. Anni dopo, il governo Renzi alzò quel tetto a 3.000 euro. Durante il primo governo Conte, Matteo Salvini invocò a vuoto l’abrogazione di ogni limite. Il governo Conte-bis avrebbe voluto abbassarlo nuovamente fin da subito. Con la pandemia, decise un approccio più graduale: tetto abbassato a 2.000 euro dall’1 luglio 2020 e a 1.000 euro dall’1 gennaio 2022.
Pagamenti in contanti, la confusione del legislatore
Adesso, con la modifica intervenuta in Parlamento si torna al limite precedente. Questo significa che in queste prime sei settimane dell’anno i pagamenti in contanti sono stati possibili fino a 999,99 euro, mentre da adesso in avanti e fino al resto del 2022 torneranno ad essere legali fino a 1.999,99 euro. L’abbassamento del tetto è stato rinviato, infatti, di un anno, scattando dall’1 gennaio 2023. La vicenda segnala che non c’è convergenza di vedute in politica sulla necessità di stringere le maglie sul contante. Del resto, parte del centro-destra (ex PDL) votò la maxi-stretta del 2011 salvo criticarla dal giorno successivo, mentre il PD alzò il limite nel 2016, pur avendo un’idea diametralmente opposta.
Se ancora ve ne fosse stato bisogno, abbiamo avuto conferma che il governo Draghi in Parlamento non esista e che continui a vivere solamente nei Consigli dei ministri tra un litigio e l’altro.