Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), è un elemento della retribuzione il cui pagamento è differito a un momento successivo rispetto a quello della prestazione lavorativa. Tecnicamente, il trattamento di fine rapporto, secondo la disciplina dettata dall’art. 2120 del c.c., come sostituito dall’art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297, costituisce – così come l’eventuale anticipazione sullo stesso – un diritto di credito, a pagamento differito, di natura sostanzialmente retributiva, il quale matura anno per anno in relazione al lavoro prestato e all’ammontare della retribuzione dovuta.
Irrinunciabilità TFR
La Cassazione, con la recente sentenza n. 23087/2015, ha consolidato l’irrinunciabilità del TFR Un lavoratore di una ditta privata, spesso distaccato per lungo tempo all’estero presso società controllata, percepiva oltre al trattamento economico, anche indennità estere, emolumenti in natura, lavoro straordinario, notturno ecc. Con accordi presi con il datore di lavoro, aveva sottoscritto alcuni mesi prima della cessazione del rapporto di lavoro, un accordo transattivo in cui rinunciava ai diritti spettanti dalla cessazione del rapporto di lavoro. In seguito, valutata non conveniente l’operazione, poiché lamentava che alla cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro non aveva inserito nel calcolo del TFR le somme degli straordinari, degli emolumenti, del lavoro straordinario e notturno, e quindi impugnava tale accordo per farne dichiarare la nullità. Il giudice del Tribunale dichiarava l‘improponibilità della domanda, e riteneva valida la rinuncia. In Appello, la Cassazione, con la recente sentenza n. 23087/2015, ritiene valido il principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui: “il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, e art. 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato”.