Misure shock contro la devastante crisi del Venezuela sono state decise sabato dal presidente Nicolas Maduro, che ha annunciato la svalutazione del cambio. Se ad oggi formalmente un dollaro acquistava sul mercato ufficiale 285.000 bolivares, da oggi la fluttuazione sarà libera, ovvero ricondotta alle forze della domanda e dell’offerta, per cui il nuovo tasso di cambio si porterà ai livelli vigenti sul mercato nero, dove un dollaro viene scambiato contro 5,9 milioni di bolivares, per cui la svalutazione equivale a circa il 95%.
Crisi Venezuela, Maduro ammette: ‘nostro modello sbagliato’. E Caracas resta al buio
Inutile ribadire come alla già elevata confusione se ne aggiunga dell’altra. Il salario minimo è stato aumentato del 3.500% a 30 dollari mensili, mentre l’IVA sui beni di lusso è stata innalzata dal 12% al 16% e la benzina verrà venduta ai prezzi di mercato, senza sussidi, una misura che farebbe risparmiare allo stato sui 10 miliardi di dollari all’anno, stando a Maduro. Solo gli autotrasportatori che si registreranno potranno continuare ad accedere ai sussidi statali. Infine, le aste con cui la valuta straniera verrà fatta fluire alle aziende importatrici saranno tenute con maggiore frequenza, anche 3-5 volte alla settimana.
La fine della pacchia per i militari?
Cosa significano questi provvedimenti nel loro insieme? In generale, Caracas ha preso atto che il tasso di cambio reale contro il dollaro sarebbe di 20 volte più debole di quello ufficiale sinora seguito.
Misure tardive, quando già si calcola che 3 milioni di cittadini siano fuggiti all’estero dall’inizio della crisi. Eppure, esse potrebbero indebolire il regime “chavista”, che si regge non certo sul consenso popolare, quanto sulla repressione violenta del dissenso da parte dei militari, casta privilegiata dal governo. Come? Sinora, l’esercito aveva gestito le importazioni alimentari e aveva avuto accesso al cambio ufficiale, dal quale il resto della popolazione era esclusa da anni per carenza di valuta estera disponibile. In sostanza, i funzionari vicini al regime hanno potuto acquistare dollari a costi anche di migliaia di volte in meno di quelli sostenuti da tutti gli altri venezuelani, avendo la possibilità di rivenderli realizzando guadagni facili, immediati ed enormi. Questo spiega perché tra i ranghi dell’esercito non si sono registrate sostanziali defezioni contro un governo così inefficiente e che ha affamato quella che un tempo era tra le economie più ricche al mondo.
Con la fine dei cambi multipli, questo sistema di corruzione verrebbe formalmente meno, ma così anche il sostegno a Maduro della stretta cerchia di privilegiati. Dopo il fallito golpe di pochi giorni fa e su cui aleggiano parecchi dubbi, il regime rischia stavolta di restare vittima di un colpo di stato vero e ben più organizzato ad opera dei militari. Si consideri che l’eliminazione dei sussidi per la benzina creerà nuove tensioni tra gli automobilisti, il cui stipendio minimo oggi basta a malapena per comprare un paio di caffè al mese o qualche chilo di carne rossa. Per non parlare dei rischi di una moneta di nuova emissione, che potrebbe fluire nelle tasche dei venezuelani non subito, aggravando la già enorme carenza di liquidità, paradosso per un paese afflitto proprio dall’eccesso di liquidità iniettata dalla banca centrale negli anni, causa dell’iperinflazione in corso.